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Nessun vincitore | La crociata dei liberali tedeschi per i carburanti sintetici fa traballare il governo Scholz – Linkiesta.it

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Negoziati, liti, eccezioni poco green. E, intanto, la decarbonizzazione del settore automotive europeo sembra ormai compromessa, o comunque lontana dall’ambizioso accordo ratificato nel febbraio 2023 dal Parlamento europeo: stop alla vendita delle auto e dei furgoni a motore termico dal 2035. Un obiettivo ormai snaturato dagli interessi dei principali produttori di veicoli a combustione, che stanno cercando di aggrapparsi ai carburanti sintetici e “bio” (qui abbiamo spiegato la differenza): due soluzioni che rappresentano l’ultima spiaggia delle aziende fossili per salvare i motori tradizionali e resistere all’inevitabile – ma insidiosa – rivoluzione dell’elettrico. 

Italia snobbata, Germania e Commissione Ue trovano un accordo sugli e-fuel 

Le carte in tavola sono cambiate a inizio marzo, quando il governo italiano – che prima di allora non si era mai opposto alla misura dell’Unione europea – ha annunciato di votare contro il bando alle auto inquinanti dal 2035. La richiesta iniziale a Bruxelles era chiara: una deroga in grado di permettere – anche dopo il 2035 – l’immatricolazione e la vendita dei veicoli a motore termico alimentati con i biocarburanti (ottenuti da materie prime di scarto e residui vegetali) e gli e-fuel (carburanti sintetici), così da rendere più ecosostenibili le flotte al momento esistenti (e che verranno prodotte nei prossimi dieci anni). 

A quel punto la Germania si è accodata, portando con sé Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, Bulgaria e non solo. Una situazione che avrebbe compromesso il raggiungimento della maggioranza qualificata durante il voto al Consiglio del 7 marzo. Il risultato? Per prendere tempo e convincere Roma e Berlino, l’Ue ha deciso di rinviare ogni tipo di discussione al riguardo. 

Arriviamo quindi a giovedì 23 marzo, primo giorno del Consiglio europeo che si è chiuso ieri. La discussione sul tema non era formalmente inserita in agenda, ma dietro le quinte è cambiato lo scenario: Italia ai margini dei negoziati e Germania protagonista assoluta. Roma ha spinto per inserire anche i biocarburanti (il nostro Paese è leader nella sperimentazione e nella produzione di queste soluzioni) tra le esenzioni al divieto fissato per il 2035, mentre Berlino ha premuto solo sui carburanti sintetici. L’Unione europea ha però trattato solo con la Germania, escludendo l’Italia e, conseguentemente, anche i biocarburanti dalle deroghe sullo stop alla vendita delle auto inquinanti. 

«La partita dei biocarburanti non è affatto persa», ha precisato Giorgia Meloni nel tardo pomeriggio del 24 marzo. Alle 10 del mattino del 25 marzo, però, ecco la doccia fredda: «Abbiamo trovato un accordo con la Germania sull’uso futuro degli e-fuel nelle automobili», ha scritto su Twitter Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione e commissario europeo per il Clima e il Green deal.

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La missione dei liberali tedeschi

La “battaglia” europea è apertissima, con la Germania che ha il coltello dalla parte del manico. Il governo tedesco vuole continuare a ostacolare gli obiettivi di decarbonizzazione di Bruxelles, a meno che la Commissione europea non decida di accogliere l’esenzione voluta da Berlino sugli e-fuel, ossia i carburanti sintetici liquidi o gassosi (costosissimi e ancora non disponibili sul mercato) che vengono prodotti attraverso dei processi alimentati da energia elettrica rinnovabile. 

Giovedì sera, il ministro dei Trasporti tedesco, Volker Wissing, avrebbe respinto l’ultimo tentativo di compromesso proposto dalla Commissione per salvare l’accordo originario sul bando alle auto a combustione dal 2035. Wissing, infatti, spera che Ursula von der Leyen e Frans Timmermans firmino una dichiarazione – preparata dal governo tedesco – che protegga il futuro dei carburanti sintetici. 

«Noi, in Germania, padroneggiamo la tecnologia del motore a combustione meglio di chiunque altro al mondo. Ecco perché ha senso mantenere questa tecnologia nelle nostre mani. Nel frattempo, alcune delle domande sulla mobilità sostenibile rimangono senza risposta», ha detto Wissing a una tv tedesca. 

Come spiega Politico.eu, il documento impegnerebbe l’organo esecutivo dell’Unione europea a lavorare «senza indugio» per approvare un regolamento sul clima che accolga le preoccupazioni della Germania. Secondo Berlino, la firma di questa dichiarazione risolverebbe la disputa con l’Ue senza riaprire la legislazione e «ricominciare tutto da capo». 

I Verdi non ci stanno e la coalizione appare sempre più fragile

Ma quale sarà l’impatto di questa battaglia sulla tenuta del governo tedesco? La maggioranza a tre partiti rischia di «sgretolarsi», scrive Philip Oltermann sul Guardian. Il motivo riguarda essenzialmente la rabbia dei Verdi, già in difficoltà nei sondaggi dell’ultimo periodo. Questa disputa, secondo loro, snaturerà una misura cruciale al fine di abbattere le emissioni del settore automotive. Come già accennato, la campagna pro-carburanti sintetici è condotta dai liberali di Fdp (il partito del ministro dei Trasporti Volker Wissing), uno dei tre partiti della coalizione di governo completata dai socialdemocratici (Spd) e, appunto, dagli ecologisti (Die Grünen). 

«Non si può avere una coalizione in cui un solo partito (i Verdi, ndr) guardi al progresso, mentre gli altri due cercano di fermarlo», ha spiegato Robert Habeck, presidente dei Verdi tedeschi nonché vicecancelliere e ministro dell’Economia e della Protezione climatica. Finora, gli ecologisti erano rimasti quasi in silenzio rispetto agli e-fuel e allo stop alle auto inquinanti, ma le dichiarazioni di Habeck hanno aperto uno scenario non incoraggiante per la sopravvivenza del governo del cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz. 

Il ministro dell’Economia ha accusato i liberali e i socialdemocratici di aver deliberatamente fatto trapelare la bozza di una legge che vuole vietare le caldaie alimentate con i combustibili fossili dal 2025. Nel rigido accordo di coalizione, ricorda il Guardian, è previsto il bando alle caldaie tradizionali dal 2024, con la possibilità di procedere solo con dispositivi alimentati al sessantacinque per cento da fonti rinnovabili. Con la crisi energetica aggravata dall’invasione russa in Ucraina, però, è stato concesso un piccolo slittamento. 

Secondo Habeck, la fuga di notizie sul disegno di legge è avvenuta «per danneggiare i rapporti di fiducia all’interno della coalizione di governo». I grandi tabloid tedeschi come la Bild hanno cavalcato la polemica, sottolineando i costi sulle famiglie delle operazioni per sostituire le caldaie tradizionali. Tutto ciò sta innescando delle riflessioni all’interno dei ministero dell’Economia e della Protezione climatica: Habeck non è più convinto della volontà degli altri membri dell’esecutivo di trasformare in realtà gli obiettivi messi nero su bianco a fine 2021. 

Ad ogni modo, le trattative tra la Commissione europea e il governo tedesco sui carburanti potrebbero dilatarsi, e al momento pare che Bruxelles non possa fare altro che accogliere le richieste della Germania («Intensificheremo i colloqui e troveremo una buona soluzione», ha detto Ursula von der Leyen il 23 marzo). A meno che, per salvare la stabilità del governo, i liberali non decidano di fare un improbabile passo indietro. 

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