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Golpista ed evasore | Trump non riuscirà a tenere segrete le sue dichiarazioni dei redditi – Linkiesta.it

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I documenti fiscali di Donald Trump non potranno restare secretati. Per anni, sotto l’amministrazione dell’ex presidente repubblicano, i democratici hanno combattuto perché le dichiarazioni dei redditi del tycoon diventassero pubbliche. La commissione “Ways and Means” del Congresso ha votato, con una maggioranza di 24 a 16, per acquisire quei documenti dopo che il mese scorso la Corte suprema aveva rigettato un tentativo di Trump per impedirlo.

L’Internal Revenue Service (o Irs, è l’agenzia governativa deputata alla riscossione dei tributi), ha rivelato la commissione parlamentare, ha provato a esaminre i redditi per due anni. Invano. Nonostante una regola preveda dal 1977 questa revisione per tutti i presidenti in carica, l’ufficio non ha mai potuto completarla durante il mandato di Trump. Nel 2017, lui ha fornito i documenti sui due anni precedenti, poi ha fatto ostruzionismo.

Una richiesta scritta dell’Irs gli è arrivata nell’aprile 2019, ma secondo i democratici, che chiedono al Congresso di stabilire un obbligo legale per i futuri presidenti, erano false già le sue affermazioni del 2016, quando in piena campagna elettorale sosteneva di non poter rendere pubbliche le carte perché già sottoposto a una verifica dell’Irs.

Eppure, le sue dichiarazioni dei redditi, secondo un report separato diffuso ieri dalla commissione bilaterale sulla Tassazione, fanno sospettare – come diverse inchieste giornalistiche suggerivano – che per diversi anni abbia usato le detrazioni fiscali per non pagare le imposte. Al solito, l’entourage di Trump ha bollato questo nuovo capitolo delle sue malefatte giudiziarie come «un attacco politico».

Potrebbe essere questione di giorni prima che i documenti diventino di dominio pubblico, anche se si tratta di migliaia di pagine. La revisione dei moduli in possesso dell’Irs, infatti, è iniziata quando il magnate ha lasciato lo Studio Ovale. L’ultimo, e di fatto unico, suo predecessore a venire sottoposto a una procedura simile è stato nel 1973 Richard Nixon, che malgrado la fama luciferina non si era opposto come sta facendo Trump.

Secondo quanto trapela, lui e la moglie Melania hanno dichiarato più di trenta milioni di dollari di perdite in ciascuno dei due anni prima dell’elezione e poi più di 24 milioni di introiti nel secondo anno di mandato. In particolare:  un passivo di 31,7 milioni nel 2015, in rosso anche nel 2016 di 32,2 milioni e di 12,8 milioni nel 2019; mentre risultano in attivo di 24,4 milioni il 2018, di 4,4 il 2019 e di 4,7 il 2020.

Ha fluttuato anche la quota di tasse da loro pagate, da un massimo di 2,1 milioni di dollari nel 2018 a soli 271 mila dollari nel 2020. La media, in sei anni, è di 739 mila dollari all’anno. Grazie a detrazioni milionarie, sempre secondo il report, la coppia avrebbe però ridotto i pagamenti netti all’erario a 750 dollari nel 2016 e nel 2017 e addirittura a zero nel 2020. Potrebbe trattarsi di artifici fiscali.

Solo ieri la Commissione sull’assalto a Capitol Hill aveva chiesto al governo di incriminare Trump per quattro reati, tra cui incitamento all’insurrezione e cospirazione, per i fatti del 6 gennaio 2021. Ora potrebbe aprirsi anche un altro capitolo, contabile.

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