Al LAC, Laboratorio di Antropologia del Cibo, si incrociano storie di persone, si fa antropologia e cultura. Marco Nicolosi Asmundo, proprietario ed enologo della cantina Barone di Villagrande, non lo ha scelto a caso. Per raccontare l’Etna, il suo territorio, per raccontare la sua produzione, inequivocabilmente a vocazione bianchista (l’areale di Milo si esprime con l’Etna Bianco DOC Superiore), Marco parte dalla consapevolezza che il vino e le aziende sono fatte dalle persone che ci lavorano. “Villagrande si identifica con me, ma allo stesso tempo con tutti coloro che fanno parte del mio team” esordisce, “il vino deve essere espressione del territorio, deve raccontare le annate, le uve tipiche dell’areale, ma ancora prima, deve essere sentimento delle persone che lo producono”.
La storia di Barone di Villagrande, giunta oggi alla decima generazione, inizia nel 1727 ma solo dagli anni ’40 in poi del secolo scorso ha avviato l’attività di imbottigliamento. Il titolo onorifico fu dato alla famiglia nel 1700 anche per meriti enologici. Parliamo di circa 70 ettari di proprietà di allora, oggi divenuti bosco e inclusi nel Parco dell’Etna, mentre gli attuali sono 40 ettari di cui 22 vitati. Il corpo principale è situato a Milo ed è pari a 30 ettari di vigneto a cui si è aggiunto Monte Arso, 830 metri di altezza versate sud nel comune di Nicolosi, 4 ettari di bosco e 6 di vigneto.
Un luogo che ha una magia tutta particolare, si tratta di un vecchio cratere estinto che arriva a toccare i mille metri, dove ancora oggi c’è un pozzo da cui ai tempi veniva estratta la sabbia rossa per impastare l’intonaco delle case. Prevale il Nerello Mascalese e c’è una buona quota di Carricante. L’età delle vigne è di circa sessant’anni e parte delle marze originarie presenti nel vigneto derivano proprio dalla Barone di Villagrande. L’altra scommessa si chiama Monte Ilice, nel comune di Trecastagni, versante sud-est, con poco più di un ettaro di vigneto dove prevale il Nerello Mascalese. Il progetto per il 2024 è fare un vino di contrada, circa 3000 bottiglie. Un’azienda in evoluzione dove ogni vino nasce per valorizzare vigna e zona di produzione organizzata in un sistema di ampi terrazzamenti che guardano il mare. In cantina a Milo arrivò una delle prime imbottigliatrici dell’isola.
Altro momento importante per la storia del vino del vulcano siciliano è la nascita della Denominazione di Origine, anno 1968, tra le primissime in Italia, alla cui stesura parteciparono proprio Carmelo e Carlo, nonno e padre Marco Nicolosi Asmundo. Carlo Nicolosi, in particolare, è anche il fautore della prima zonazione dell’Etna viticolo, avendo individuato, ante litteram, le zone più vocate dei diversi versanti. Tra queste c’era da tempo senz’altro Milo, sul versante est. “Parliamo di vini unici ma soprattutto molto caratterizzanti e caratterizzabili, nonché fortemente riconoscibili” afferma Marco Nicolosi.
A metà Ottocento la superficie vitata si aggirava intorno ai 22 mila ettari e Catania era la provincia più vitata in Sicilia, con oltre 90 mila ettari. Nel 1888 20.000 ettari, oggi 1.200, l’1,1% di tutta la produzione di vino siciliano. La tradizione vitivinicola è davvero secolare e vuole che ognuna delle piccolissime realtà produttive abbia il proprio palmento per vinificare le uve. Un vino che è sempre stato venduto non per alcolizzare altri vini, ma per consumo.
Fillossera, eruzioni, vigneti impervi e dazi commerciali hanno ridotto, nel tempo, il vigneto etneo, almeno fino agli anni ’90. Da quel momento in poi riparte la produzione vitivinicola dell’Etna, produzione che invece a Villagrande non si è mai fermata. Nel secondo Dopoguerra furono realizzate le terrazze vitate che circondano il corpo aziendale per tentare di ottimizzare i costi di produzione e consentire una parziale meccanizzazione della lavorazione dei suoli. Questo accadeva mentre la maggior parte dei vigneti veniva abbandonata. L’Etna oggi sta virando sempre di più verso una produzione bianchista, vestendosi di una viticoltura legata soprattutto al Carricante. Se in passato il vino bianco non rappresentava più del 10%, oggi sfiora il 40%. Una crescita costante per un territorio particolarmente frammentato con 398 viticoltori rivendicati (vendemmia 2021) di cui 192 con appezzamenti minori di un ettaro (48,24%), da uno a due ettari rappresentano l’85% degli agricoltori. Meno di 5 ettari, il 92%.
“Ciò che oggi contraddistingue questo grande vino è certamente la forza di poter durare nel tempo. Se i vini rossi etnei evolvono bene, sono buoni, freschi e sapidi, sono i bianchi ad essere sempre più perfetti. Una garanzia che affidiamo al tempo, ogni anno per i successivi dieci a venire”. Barone di Villagrande è una delle aziende che con continuità produttiva ha rappresentato l’Etna e la sua storia millenaria nel mondo.
DEGUSTAZIONE
Etna Bianco DOC Superiore 2021
Carricante per il 90%. Nei vigneti dell’Etna non esiste la purezza ma un blend di uve tutte indigene del territorio. Un vigneto polivarietale e policlonale, non sono mai state messe a dimora piante innestate da un vivaista. “Il criterio con cui abbiamo rinnovato importanti porzioni di vigneto è la messa a dimora di nuove barbatelle da innestare dopo selezione massale, preservando un patrimonio biologico autentico”. Catarratto, Catarratto Lucido, Minella bianca, Visparola sono tutte le uve che da sempre concorrono alla complessità dell’Etna Bianco DOC Superiore Barone di Villagrande. Sorso giovane e fresco, si delinea al palato secondo le tipiche caratteristiche del luogo. Una tensione acida molto definita e altrettanto elegante che sprofonda letteralmente in sentori agrumati di cedro e zest di lime. Affina per un anno in cantina.
Etna Bianco DOC Superiore Contrada Villagrande 2018
Il Carricante mostra le forti interazioni con il territorio, quel preciso bilanciamento che crea vini straordinari, uniti all’expertise, alle tradizioni delle popolazioni che in questa zona, nei secoli hanno coltivato e trasformato le uve in vini. L’eccezionalità del calice Contrada di Villagrande è l’insieme di tutti questi fattori, elementi che i francesi, da sempre più bravi di noi nel comunicare, hanno definito terroir. L’interazione tra varietà, clima, suolo, regolate dal lavoro dell’uomo. Sorso di infinita complessità, profuma di limone candito, tabacco biondo, pietra focaia e lievi sentori di idrocarburi. Bocca grassa, opulenta, freschissima, in una tensione verticale che indirizza la beva a un piacere infinito.
Etna Rosato DOC 2021
Un vivace color buccia di cipolla cattura l’attenzione per la luminosità e un godimento tutto visivo che induce alla beva. Nerello Mascalese 90%, Carricante 10%, una fermentazione in assenza di vinacce, offrono sentori gusto olfattivi di agrumi rossi, nuance floreali di rosa e viola, una sferzante freschezza minerale. Un rosato perfetto, fatto di complessità, eleganza e purezza.
Etna Rosso DOC 2019
Vino nato storicamente per accompagnare le pietanze, l’Etna Rosso Doc Barone di Villagrande (Nerello Mascalese 80%, Nerello Cappuccio e Nerello Mantellato 20%), si propone con il suo intenso corredo di profumi e con la sua sferzante e caratteristica acidità. Il tannino ancora piuttosto austero, sebbene smorzato dall’affinamento in botti di castagno da 500 litri per 12 mesi, lo rende perfetto da bersi, mangiando. Naso delicatamente selvatico, prugna scura e frutti di bosco aciduli, accolgono un palato contraddistinto da un frutto fresco e persistente.
villagrande.it
Giovanna Romeo
Custode dell’assaggio, scrittrice per indole, globe trotter per passione. Milanese doc e mamma a tempo pieno, tra una cena gourmet e una passeggiata tra i filari. Master Sommelier Alma Ais ed Esperto Assaggiatore Onav, sogno di vivere in Provenza sorseggiando Rosé.