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Ucraina, meglio Zelensky a Sanremo o Putin nella propaganda quotidiana? La differenza c’è

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29 gennaio 2023 | 07.30

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Si può discutere se tutti i palcoscenici siano adatti alla stessa recita ma il messaggio è lineare

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Di Zelensky a Sanremo si è parlato e si parlerà ancora tanto. Della disinformazione che giustifica Putin si parla solo quando la mistificazione della realtà diventa sufficientemente scomposta da fare notizia, pensiamo alla deriva di qualche nostalgico dell’Unione sovietica o al narcisismo mitomane di qualcun altro.

C’è una differenza sostanziale. Il presidente dell’Ucraina, da un anno, da quando il suo Paese è stato invaso dalla Russia, ha colto tutte le occasioni disponibili per utilizzare il megafono dei media, e del grande pubblico, per tenere alta l’attenzione su una guerra che in più fasi ha rischiato di stancare per assuefazione.

Si può discutere se tutti i palcoscenici siano adatti alla stessa recita ma è difficile negare che tutto sia in chiaro, lineare e trasparente. Una persona parla, una platea ascolta, un messaggio passa: aiutateci a resistere. Quello che succede con la propaganda filorussa, generalmente infiltrata da istanze antiamericane e da pulsioni complottiste, è invece quasi sempre obliquo, salvo poche eccezioni che fanno da porta bandiera, anonimo e seriale.

Non è un caso che il sostegno a Putin percorra spesso le stesse strade già battute dalla narrazione no vax. Basta seguire il percorso sui social di un qualunque articolo che riaffermi il principio di partenza, ovvero che c’è uno Stato aggredito e c’è uno Stato aggressore, per ritrovare gli stessi schemi. Piovono obiezioni preconfezionate, attacchi sistematici a chi scrive e a un mestiere, quello del giornalista, che viene associato alla falsificazione delle informazioni. Quelle vere, quelle libere, arrivano sempre da un’altra parte. Non solo. Il sistema viene alimentato con metodo. Lo stesso pezzo, ciclicamente, riprende vita. Perché qualcuno lo posta nella chat giusta, dove ci sono, sempre pronti, i leoni da tastiera con i profili improbabili e le verità rivelate.

La realtà è più complessa. Una guerra sanguinosa lunga un anno è, come tutte le guerre, il modo peggiore per far prevalere gli interessi di una parte sull’altra e, a catena, quelli di altre parti che si schierano. Che finisca prima possibile è auspicio di tutte le menti sane, e non solo di quelle che si ispirano al fondamentalismo pacifista. Né può essere etichettato come guerrafondaio chi preferisce un Capo di Stato che parla a Sanremo, e che prova a fare quello che al suo posto farebbe chiunque, alla quotidiana opera di indottrinamento a getto continuo che fa danni prima, durante, e dopo Sanremo. (di Fabio Insenga)

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