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Progettare il futuro | La rivincita dei giovani architetti italiani parte da una mostra alla Triennale di Milano – Linkiesta.it

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Una nuova generazione di architetti sta cominciando a diventare incredibilmente popolare, tanto da essere oggetto di una mostra alla Triennale di Milano che comincia il 22 dicembre e terminerà il 29 gennaio 2023. AMAA, Collaborative Architecture Office For Research And Development, l’Armature Globale, Associates Architecture, BB, Fondamenta, Parasite 2.0, Ossidiana, SuperSpatial, Supervoid, VG13. Agli estranei del settore questa elencazione di nomi non dirà quasi nulla. Ma chiunque si intenda di architettura sa che si tratta di studi cosmopoliti e recentissimi all’interno della scena architettonica nazionale. E che meritano di essere valorizzati anche agli occhi di un pubblico non specializzato.

Basti pensare che Associates Architecture è diretto da due italo-sudafricani nati rispettivamente nel 1987 e nel 1989, come Benjamin Gallegos Gabilondo e Marco Provinciali di Supervoid, entrambi del 1988. Nonostante il primo sia stato fondato a Brescia solo nel 2017, ha ricevuto le prestigiose candidature per la Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana, per l’Eu Mies van der Rohe Awards e per il Premio Piranesi.

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Nicolò Galeazzi e Martina Salvaneschi di Associates Architecture

Alla guida di BB c’è Alessandro Brava, che nel 2014 ha co-fondato åyr, collettivo londinese specializzato in sharing economy e progettazione di interni domestici. Alla Biennale di Architettura del 2016, erano presenti all’interno del padiglione inglese con la mostra “Home Economics”, che metteva coraggiosamente in discussione il concetto moderno di “comfort” casalingo: alloggi sempre più piccoli e precari. Brava ha inoltre ricoperto la posizione di redattore per ECOCORE, rivista di ecologia.

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Parasite architects, foto di Dimitri d’Ippolito

Parasite 2.0 indaga lo stato degli habitat umani, agendo all’interno di un ibrido tra architettura, design e scenografia. Fondamenta è stato fondato nel 2016 da Francesca Gagliardi e Federico Rossi e segue una tradizione surrealista, fuori dagli schemi e in aperta contraddizione con lo status quo. Tra i progetti di Ossidiana figurano giardini fluttuanti abitati da uccelli, cucine all’aperto, padiglioni di land art sull’acqua, mondi da esplorare e coltivare per umani ed altre specie. SuperSpatial è stato premiato all’interno di svariate mostre internazionali perché i suoi progetti si concentrano sulla componente dello spazio pubblico all’interno di ogni tipologia. Ancora più giovani i responsabili di VG13 Architects, Tommaso Fantini e Alberto Rossi del 1992.

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Studio Ossidiana, courtesy of Triennale Milano

Non hanno più di trentacinque anni, dirigono celebri studi e sono italiani. Normalmente quest’ultimo dettaglio risulterebbe irrisorio, ma non altrettanto nel mondo dell’architettura, che di fatto rappresenta o tenta di rappresentare l’humus geografico, territoriale, culturale e sociale che ci circonda. La globalizzazione ha tentato di livellare la realtà restituendocene un’immagine somigliante e pressoché famigliare a tutte le latitudini. Viaggiare attraverso le grandi capitali oggi può produrre un effetto straniante, una sensazione di “già visto”: le case, le strade, i locali, i caffè e gli spazi comuni risultano inquietantemente e distrattamente omogenei. Eppure, non si tratta che di apparenza estetica.

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Francesca Gagliardi e Federico Rossi di Fondamenta, courtesy of Triennale Milano

Scoprire, esplorare e interpretare un territorio significa conoscerlo e sapere dunque che è unico, nel bene e nel male: basta uno spiffero di vento in direzione contraria, un evento imprevisto, e questa patina di benevola affinità si sgretola, rivelandosi in tutta la sua fragilità. Ecco perché abbiamo più che mai bisogno di esperti che si facciano carico della complessità del momento attuale, senza ridurlo a un modello onnicomprensivo. E bisogna che siano i giovani a farlo. Innanzitutto perché intuitivamente rivolgono il proprio sguardo al futuro. Sono chiamati in prima persona a un atteggiamento inventivo nel vero senso del termine: tocca loro inventare le categorie di senso di domani.

E poi perché modellare l’avvenire, studiarlo e progettarlo, significa avere fiducia nel fatto che arriverà, che ci sarà. Una scommessa non da poco per il momento storico in cui viviamo, minacciato da precarietà dilaganti. Gli architetti sono pertanto importanti e necessari quanto gli scrittori, quanto i filosofi, quanto gli economisti nell’accezione ampia e ricca del termine. Immanente e trascendente si devono toccare e convergere in una linea mediana che esula dal fatto nudo e crudo e neanche è pura utopia, puro idealismo, pura astrazione.

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Veduta aerea dello spazio pubblico, courtesy of Studio Ossidiana

I dieci progetti esposti alla mostra sono dunque quasi tutti modelli in costruzione, per risaltare l’antica realizzazione fisica dell’architettura che accompagna il suo essere scienza, materia di studio. Consistono in tre ville, un polo ricettivo, un teatro, una galleria, un negozio, un portale, una loggia e un giardino pubblico: la piantina scomposta di una possibile città. Non volendo esaurire il ventaglio di significati che ciascuno di questi luoghi può ricoprire, si è scelto di collocarli all’interno di spazi molto diversi tra loro: all’estero o entro i confini nazionali, in periferia o in un centro urbano, in provincia o in un piccolo paese, in vaste metropoli o in aperta campagna.

Eppure all’interno del percorso espositivo ne verranno rivelati soltanto pochi dettagli, soltanto pochi residui: ciò che conta, in questo caso specifico, è l’accenno artistico, che è per antonomasia sfuggente e declinabile secondo direzioni tutte soggettive. Chi si recherà alla mostra avrà sotto agli occhi angoli, scale, pezzi di pareti, portali scelti appositamente da loro, dai giovani architetti della società contemporanea.

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