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Perché vogliono vietare le sigarette all'aperto, rischio proibizionismo – Il Riformista

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Le politiche del governo

Tiziana Maiolo — 8 Marzo 2023

Perché vogliono vietare le sigarette all’aperto, rischio proibizionismo

Ci fu una mezza rivolta quando, nel corso della seconda guerra mondiale, il governo inglese pensò bene di proibire il consumo di fish and chips, più sacri della corona, per combattere la crescente obesità dei soldati. Rivolta sacrosanta, perché il proibizionismo inizia a volte con apparente leggerezza, ma non si sa mai dove andrà a parare. Nel ridicolo, spesso. Ma anche magari ad affollare le celle delle galere, come già succede in Italia per le sostanze psicotrope, e un domani, perché no, anche per il tabagismo.

La notizia è soltanto trapelata, ma sappiamo bene noi giornalisti che quando dalla sorgente si lascia uscire qualche goccia, poi diventa uno scroscio, secondo i desiderata della fonte. Quindi da due giorni il mondo politico e quello sanitario stanno discutendo, con i pro i contro e le sfumature intermedie sul divieto di fumo, sia di sigarette convenzionali che di elettroniche, all’aria aperta. Quindi, dobbiamo dedurre dalla notizia che il ministro Orazio Schillaci avrebbe pronto un decreto di tipo proibizionistico, che Giorgia Meloni vuole copiare Beppe Sala? Eh si, perché da due anni, nel disinteresse generale, a Milano vige la regola più inapplicata del mondo, quella che vieta di fumare all’aria aperta se ci sono altre persone nel raggio di dieci metri.

Nel regno del politically correct stile terzo polo, di questa regola però si sono infischiati tutti, i fumatori che aspirano allegramente dalle proprie paglie, e quelli senza vizi, che si girano dall’altra parte. Molta più incazzatura, e non solo tra gli automobilisti, hanno suscitato in città le ciclabili disegnate sull’asfalto comparse un giorno come funghi dopo la pioggia, in zone di grande viabilità creando ingorghi e confusione. Eppure il “Regolamento per la qualità dell’aria” approvato dal consiglio comunale il 19 gennaio 2021 mentre l’attenzione era ancora concentrata sull’epidemia da covid, è considerato un fiore all’occhiello della giunta ormai più verde che rossa. Ma del tutto insensata, come sarà, se il Parlamento dovesse approvarla, la legge voluta dal ministro Schillaci. Si rischia una sanzione da 40 a 240 euro se si fuma per strada vicino alla fermata del tram. Oppure nei parchi, nelle aree cani, nei cimiteri, allo stadio e nelle strutture sportive all’aperto. Ma dal prossimo primo gennaio del 2025 -lo sanno i cittadini milanesi?- il divieto sarà esteso a ogni spazio pubblico della città.

Quanto queste regole siano insensate, al pari di quella che voleva entrare nelle cucine degli inglesi per impedire loro di mangiare pesciolini e patatine fritte, lo dimostra la loro totale inapplicabilità, al contrario della “legge Sirchia” che vent’anni fa proibì il fumo nei locali chiusi, controllabili. Ora, se una norma è inapplicabile e insensata, vuol dire che il suo animus, il suo significato è dovuto solo alla volontà di proibire. Non di informare sui danni alla salute, non di consigliare determinati comportamenti per non disturbare gli altri, non di iniziative per la riduzione del danno, dunque. Ma solo il gusto di proibire, di mortificare, di punire. Certo, scienziati preparati come l’ex ministro Sirchia, grande sostenitore di questo nuovo divieto, ci spiegheranno all’infinito che queste proibizioni sono finalizzate al nostro bene e alla salute pubblica.

Infatti sarà sicuramente vero, come lui dice in diverse interviste, che anche la sigaretta elettronica che a quanto pare sta spopolando tra i giovani e che nella previsione della futura legge sarebbe proibita quanto quella tradizionale con tabacco e nicotina, produce danni alla salute. Anche se lo stesso mondo scientifico non è del tutto compatto. Soprattutto sulle politiche sanitarie da adottare. Infatti vengono citati i governi di Paesi come Gran Bretagna, Giappone, Svezia, Norvegia e Nuova Zelanda dove da anni una politica sanitaria di riduzione del rischio avrebbe registrato un crollo di vendite delle sigarette convenzionali e del tabagismo tra i giovani. Ma è la politica della proibizione in sé a essere fragile. Prima di tutto perché nei comportamenti e nei rapporti con sostanze dannose per la salute, quelle consentite come l’alcol e fino a ora il tabacco, o quelle illegali come le sostanze psicotiche, non si fa mai la distinzione tra uso e abuso.

In un libro di Roberto Spagnoli (Prediche antiproibizioniste), che da anni conduce una fortunata e apprezzata trasmissione su Radio radicale, viene citato il 26 giugno come la giornata internazionale contro la droga” (così citata in Italia), istituita dalle Nazioni Unite nel 1987. L’assemblea generale stabilì questa ricorrenza in modo molto diverso, “come espressione della sua determinazione a rafforzare l’azione e la cooperazione per raggiungere l’obiettivo di una società internazionale libera dall’abuso di droghe”. Il termine “abuso” dovrebbe indurre alla ragionevolezza i nostri legislatori, a maggior ragione quando stiamo parlando di una sostanza come il tabacco che non è fuori legge, anche perché commerciato dallo Stato medesimo. Non sarebbe più utile, quando parliamo di “droghe” di ogni genere, o di tutti i prodotti, cibi compresi, dannosi per la salute, una seria campagna di informazione e di educazione nei rapporti con gli altri, invece di pensare sempre alle multe o alle manette?

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.

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