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Münchhausen per procura | Il protagonismo narcisista dei genitori convinti di avere figli trans – Linkiesta.it

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Una mattina mi son svegliata, e mi sono scoperta fascista. Me lo dicevano un po’ tutti: articoli di giornale, programmi televisivi, discussioni su Twitter, chat di WhatsApp, colleghi, amici, familiari. Mi sono ritrovata dalla parte del torto, e non era nemmeno troppo scomoda. C’è questo account Twitter che si chiama Libs of TikTok: in americano si direbbe un profilo far-right, in italiano fascista, o Gabibbo; insomma, qua sopra vengono ogni giorno postati video di genitori che discutono dei loro bambini trans di due anni, di insegnanti che fanno monologhi isterici guardando in camera su quanto sia frustrante che i ragazzini gli sbaglino i pronomi, video di uomini adulti con gonna a pieghe e ombretto che suggeriscono ai bambini di confidarsi con loro perché sanno mantenere i segreti.

C’era questa moda qualche anno fa di mettere sulla macchina un adesivo con i disegni dei componenti della famiglia con i rispettivi nomi, lo avevo fatto anche io. Ad un certo punto esce un video su internet che dice che non è proprio intelligentissimo: un estraneo potrebbe andare dal bambino e iniziare a parlarci chiamandolo per nome, dire che è un amico di mamma e papà se no come farebbe a sapere come si chiama, stabilire una confidenza e portarselo via in un momento di distrazione.

Adesso di adesivi se ne vedono pochi, però la gente ritiene accettabile che uomini adulti dicano a voce alta che i ragazzini possono contattarli senza dir niente ai genitori. Non è solo ritenuto accettabile: è ritenuta la cosa giusta da fare, perché l’internet è pieno di Madre Teresa e nessun Hitchens.

Sono inciampata nel profilo TikTok di un certo Jonathan Saccone Joly, 3 milioni e fischia di follower. Lui racconta la transizione di sua figlia di 7 anni, nata Eduardo e adesso femmina, si chiama Edie. C’è il video dove fanno il gender reveal party quando il bambino ha deciso che sarebbe stata una femmina, i commenti dicono che si vedeva proprio che quando a un anno si metteva il cerchietto da unicorno era più a suo agio. C’è la bambina che si trucca, che si veste, una bambina che guardando in camera parla di diritti dei bambini trans, e le persone scrivono che è proprio una ragazzina fortunata ad avere un papà così.

Io credo che ad un certo punto bisognerà pur dire che non tutti questi bambini hanno la disforia di genere, ma che sono i genitori ad essere narcisisti patologici. È tutto una Münchhausen per procura dove il danno è positivo, con l’aggravante della messa in onda e del tirarci su due spicci. Guardate mio figlio com’è coraggioso, ma pure io non scherzo.

La mia è una generazione di genitori che si spaventa a morte quando deve dare ai figli l’antibiotico, ma che di fronte ai puberty blockers non si tira certo indietro. Tutti ci tengono a dire che gli effetti dei bloccanti sono reversibili: non è così. Semplicemente, non lo sappiamo, così come non sappiamo se i bambini con disforia di genere da adulti continueranno il percorso di transizione o meno. Non ci sono abbastanza dati, né studi, perché questo che io considero un contagio sociale è troppo recente.

Sono piuttosto certa che ne sapremo di più quando tra qualche anno scoppierà il più grande scandalo sanitario e morale che gli Stati Uniti abbiano mai conosciuto. A quel punto finirà il mondo che conosciamo e scopriremo che i buoni non erano poi così buoni e che i cattivi non erano poi così cattivi. Nei documenti del GIDS (The Gender Identity Development Service dell’NHS) c’è scritto: «Although hormone blockers and cross-sex hormone treatment are recommended in young people with GD and widely used across the board, it should be noted that the research evidence for the effectiveness of any particular treatment offered is still limited». Ai genitori viene detto che se i loro figli non si curano sicuramente si ammazzeranno, e quale genitore preferirebbe un figlio morto a uno che cambia sesso? Nei documenti del WPATH (The World Professional Association for Transgender Health) viene spiegato che: «Né il blocco della pubertà, né il suo sviluppo è un atto neutrale. Da un lato, il funzionamento del corpo più avanti nella vita può essere compromesso dallo sviluppo irreversibile di caratteristiche sessuali secondarie durante la pubertà e da anni di esperienza intensa di disforia di genere. D’altra parte, vi sono preoccupazioni circa gli effetti collaterali negativi dei GnRH-analoghi (ad es., sullo sviluppo delle ossa e dell’altezza). Sebbene i primissimi risultati di questo approccio (valutato su adolescenti seguiti per 10 anni) siano promettenti (Cohen-Kettenis et al, 2011; Delemarre-van de Waal e Cohen-Kettenis, 2006), gli effetti a lungo termine potranno solo essere determinati quando i primi pazienti trattati raggiungeranno l’età appropriata».

Eppure, tutti sembrano così sicuri che l’utilizzo di ormoni sia reversibile, così sicuri che ti viene da credergli. Attivisti, politici, celebrità, giornalisti, tutti sono sicurissimi che chiunque avanzi mezzo dubbio su quello che sta succedendo sia transfobico, terf, fascista. La chiudono sempre così: sei transfobico, sei fascista. Poi, quando avranno davanti un transfobico vero, o un fascista vero, chissà come faranno a riconoscerlo.

Qualche settimana fa The Free Press di Bari Weiss ha pubblicato un editoriale scritto da Jamie Reed, una donna che ha lavorato per anni al The Washington University Transgender Center al St. Louis Children’s Hospital, e qualcosa si è mosso. A un certo punto Reed scrive: «Frequently, our patients declared they had disorders that no one believed they had. We had patients who said they had Tourette syndrome (but they didn’t); that they had tic disorders (but they didn’t); that they had multiple personalities (but they didn’t). The doctors privately recognized these false self-diagnoses as a manifestation of social contagion. They even acknowledged that suicide has an element of social contagion. But when I said the clusters of girls streaming into our service looked as if their gender issues might be a manifestation of social contagion, the doctors said gender identity reflected something innate». L’unica cosa che sappiamo è che la storia prima o poi giudicherà tutti. Meglio mettersi comodi.

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