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Forzalavoro | Il dilemma dell’età della pensione, il faro europeo sulle banche e lo sciopero del cinema – Linkiesta.it

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NON CI VUOLE UNA PENSIONE GRANDE, MA UNA GRANDE PENSIONE

Chi guadagna meno dovrebbe andare in pensione prima di chi guadagna di più. Anche dieci anni prima, ha scritto Simon Kuper sul Financial Times, mentre in Francia imperversano gli scioperi contro la riforma che allunga l’età pensionabile minima da 62 a 64 anni.

Il ragionamento di Kuper parte dalla divisione del mercato del lavoro tra lavoratori con stipendi bassi e lavoratori con stipendi alti.

  • Le persone ben pagate di solito sono quelle che hanno studiato a lungo prima di scegliere una carriera – dice. Hanno molta autonomia sul lavoro, a volte con un ufficio e persino un bagno tutto per loro. Hanno il controllo sulla propria agenda, riescono a ottenere aumenti di stipendio e si rilassano durante le vacanze. Tant’è che alcuni di loro non vogliono mai andare in pensione e continuano a lavorare anche fino a 80 anni.
  • Poi ci sono i lavoratori a basso reddito come addetti alle pulizie, cassieri e operai edili. Spesso accedono alla formazione professionale in adolescenza e iniziano a lavorare molto presto. Hanno poca autonomia sul lavoro, a prescindere dal fatto che il loro capo sia un umano o un algoritmo. Molti trascorrono anni senza lavorare, tra un sussidio e un altro. Insomma, hanno un lavoro, non una carriera. E a 60 anni potrebbero ancora pulire i pavimenti per ottenere nient’altro che il salario minimo, dove esiste. Se questa è la vita lavorativa, la pensione probabilmente sembra una liberazione – dice Kuper.

Per cui, conclude, «è crudele far lavorare entrambi i gruppi di lavoratori fino alla stessa età». È la logica di quelli che in Italia chiamiamo lavori gravosi, su per giù.

Chiudere in bellezza? Ma Kuper punta il dito proprio sulla qualità del lavoro, legandola all’età pensionabile. La logica è: se fai un «bel lavoro» (ne abbiamo parlato qui due settimane fa), allora vuoi anche andare in pensione più tardi. Quindi non necessariamente un lavoro pagato molto, che può essere anche infernale, ma un bel lavoro. Con orari e ritmi umani, che permetta avanzamenti di stipendio e carriera, e che abbia un senso.

Segno meno E il dibattito che è nato in Francia attorno alla riforma delle pensioni ha fatto emergere che alla maggior parte dei lavoratori, invece, non piace davvero il proprio lavoro. E questa insoddisfazione sta aumentando.

  • In un’analisi dei risultati delle indagini europee sulle condizioni di lavoro per 15 Paesi, Mariann Rigó dell’Università di Düsseldorf e altri ricercatori hanno scoperto che «lo stress da lavoro è aumentato dal 1995 al 2015 e che l’aumento è principalmente dovuto a motivazioni psicologiche. Le persone con occupazioni meno qualificate vivevano livelli più elevati di stress e squilibrio tra impegno e stipendio».
  • Nell’ultimo rapporto annuale di Gallup, il 44% dei lavoratori, al massimo storico, ha detto di aver sperimentato «molto» stress nel giorno precedente. Solo il 21% si è sentito coinvolto al lavoro.

(Non c’è da stupirsi, quindi, se in una fase di rimbalzo economico in tanti si siano dimessi per cercare un altro posto di lavoro più appagante).

So what? Se la popolazione invecchia e per ragioni di conti pubblici abbiamo bisogno che le persone lavorino più a lungo, dovremmo quindi migliorare la loro esperienza di lavoro – è il ragionamento di Kuper. Dovremmo anche formarle in modo che accedano a lavori migliori e contrastare la discriminazione basata sull’età così che qualcuno li assuma anche dopo i 50 anni. Insomma, per rendere più accettabile l’idea di andare in pensione più tardi, in parallelo dovremmo migliorare la qualità del percorso che porta alla pensione.

Un suggerimento per l’Italia, dove il tavolo pensioni è in alto mare e si ragiona ancora solo di quote e numeri.

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SCIOPERO? SÌ, NO, FORSE 

«Vedremo quale sarà il percorso migliore, non escludiamo nulla, dalle manifestazioni di piazza a iniziative di sciopero». Maurizio Landini, appena rieletto alla guida della Cgil, aspetta l’incontro di mercoledì 22 marzo con gli altri leader sindacali di Cisl e Uil per decidere il da farsi. Non c’è solo la contrarietà alla delega fiscale appena approvata dal governo, ma anche lo stallo sul fronte pensioni e sicurezza. La Cisl intanto dice che servono risposte chiare, ma sullo sciopero non c’è fretta.

Due (mini)applausi La decisione arriva dopo l’intervento di Giorgia Meloni al congresso della Cgil di Rimini, dove la premier di Fratelli d’Italia è riuscita pure a ottenere due mini-applausi, nonostante abbia rivendicato tutte le posizioni del governo, dalla riforma fiscale con flat tax all’abolizione del reddito di cittadinanza in versione grillina, fino al no al salario minimo. Qui il racconto da Rimini (nella foto in alto, un delegato Cgil mentre ascolta Meloni con un peluche sul banco per ricordare il naufragio dei migranti a Cutro).

  • Punti interrogativi Non convince i sindacati, tra le varie cose, lo slogan di Meloni del «più assumi, meno tasse paghi». Ovvero abbassare l’Ires al 15% per le imprese che investono in Italia e assumono a tempo indeterminato. Il motivo è che non c’è il vincolo a fare le due cose insieme: investire e assumere.

Opposizione al minimo Al congresso della Cgil tutti leader dell’opposizione hanno partecipato a un dibattito con Landini, da cui sarebbe emersa l’idea di fare fronte comune sulla proposta di introduzione del salario minimo. La discussione parte questa settimana in commissione Lavoro alla Camera, dove sono depositate quattro proposte di legge di Pd e Cinque Stelle. Il Terzo Polo non ha ancora presentato una sua proposta, ma la starebbe mettendo a punto.

RISCHIO CONTAGIO

Dopo un weekend frenetico, alla fine si è trovata l’intesa. Ubs acquista la rivale Credit Suisse per oltre 3 miliardi di franchi svizzeri in azioni, in uno storico accordo per cercare di disinnescare la crisi in atto nel sistema bancario. Giovedì e venerdì, quando si riunirà il Consiglio europeo, i leader dell’Ue ne dovranno discutere. E nei colloqui informali delle ultime ore iniziano a spuntare anche delle possibili contromisure da mettere in campo se la “malattia” speculativa non si dovesse arrestare o se l’accordo Ubs-Credit Suisse dovesse saltare. L’idea, tenuta nel cassetto delle emergenze, è quella di prevedere una misura specifica di aiuti di Stato sulle banche.

Diecimila esuberi Intanto, si apre anche un tema occupazionale. Secondo il sindacato svizzero dei bancari, la fusione tra le prime due banche domestiche potrebbe portare a circa 10mila esuberi.

Quali tassi? In questo clima, la scelta della Bce della scorsa settimana di alzare ancora i tassi di mezzo punto è avvenuta dopo una aspra battaglia dentro il board di Francoforte. Al Consiglio europeo sicuramente si dovrà parlare anche di politica monetaria.

REBUS TIM

La rete di Telecom Italia continua a essere contesa tra il fondo americano Kkr e la Cassa depositi e prestiti in tandem con il fondo Macquarie. Nell’ultimo cda, durato oltre nove ore, sono stati approvati i conti del 2022, chiuso in rosso per 2,9 miliardi, stabilendo una dilazione di cinque settimane per approfondire i numeri della Netco, il veicolo che controlla la rete primaria, quella secondaria di Fibercop (di cui Kkr ha il 37,5%) e i cavi sottomarini di Sparkle. Questo supplemento dà a Kkr e Cdp-Macquarie parità di accesso per fare nuove offerte migliorative entro il prossimo 18 aprile.

E IL PNRR?

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è ormai una corsa contro il tempo. I ritardi si stanno accumulando soprattutto nel Mezzogiorno. La via d’uscita individuata dal governo resta quella di spostare alcuni progetti sui fondi Coesione, per avere tre anni di tempo in più per spendere le risorse.

  • Calendario Entro il 31 marzo, l’Europa dovrà approvare la terza rata del Pnrr da 19 miliardi. E la Commissione europea si appresta anche a dare l’ok al piano dell’Italia che ha chiesto di trasferire le opere del Pnrr che non potranno essere completate entro il 2026 sotto l’ombrello della Coesione, le cui risorse possono essere erogate entro il 2029.

Buchi I dati dell’Anac sul Pnrr riportati da Repubblica dimostrerebbero che le stazioni appaltanti stanno facendo larghissimo uso delle deroghe per aggirare la clausola che dovrebbe obbligare le aziende che si aggiudicano i bandi a destinare agli under 36 e alle donne almeno il 30% delle assunzioni. Il risultato è che il 70% delle gare cancella le quote.

COSE DI LAVORO

Chi va e chi viene 
Nel 2022 in Italia si sono registrati in media oltre mezzo milione di posti di lavoro in più, ma aumenta il tasso dei posti vacanti. «In questo momento si registra una carenza di personale anche nei settori in cui di solito l’Italia non ha avuto criticità, come il turismo, i trasporti e altri settori prioritari per il made in Italy come il fashion», spiega il country manager Italia del Gruppo Adecco Andrea Malacrida.

Chi fa i microchip? La carenza di manodopera non riguarda solo l’Italia. Bloomberg ha raccontato che uno degli ostacoli del Chips and Science Act americano, l’investimento di 52 miliardi di dollari nello sviluppo del settore dei processori, è la mancanza di operai. La Intel in Ohio sta faticando a trovare elettricisti e tubisti.

Ciak, si sciopera Dopo i doppiatori, si fermano anche le produzioni cinematografiche. È stato proclamato per il 22 marzo lo sciopero dei lavoratori delle troupe coinvolte sui set, nei laboratori, nelle sale di montaggio e negli uffici amministrativi. Si protesta contro «il Far West normativo» su prolungamenti di orari, ritmi e contratti. Un esempio? La categoria dei lavoratori delle troupe ha contratti che non sono rinnovati dal 1999.

Sindacato cosa? Secondo un sondaggio della Fondazione Di Vittorio della Cgil, quasi la metà dei giovani non si iscrive al sindacato perché non conosce la sua attività. Tra i non iscritti sotto i 34 anni, il 18,8% ritiene l’iscrizione cara e il 12,1% ha paura delle conseguenze che potrebbe avere in azienda.

Lavorare meno Nello stabilimento di Bulgari a Valenza, nell’alessandrino, i cantieri per la riorganizzazione dell’impianto hanno portato a un accordo per cui circa 200 dei 600 addetti lavoreranno per due anni sette ore anziché otto, a parità di stipendio. Cambio di orari anche alla Michelin a Cuneo. In questo caso le sei ore per turno nascono con l’obiettivo di stabilizzare i lavoratori somministrati in part-time.

Lavorare meglio Si sta diffondendo la possibilità di trasformare i premi di risultato detassati non solo in strumenti di welfare, ma in maggiore tempo libero per conciliare meglio vita e lavoro. L’esperimento è già partito in Electrolux, dove si può prenotare in anticipo una parte del premio di risultato convertendolo in congedi parentali aggiuntivi. Ma potrebbe a breve essere replicato in altri stabilimenti del settore metalmeccanico, anche per chi non ha figli.

Che ne pensate?

Per oggi è tutto.

Buona settimana,

Lidia Baratta

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