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E' morto Antonio Pallante, sparò a Togliatti “per salvare il Paese dal pericolo comunista” – Il Riformista

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Scomparso a luglio scorso, dopo mesi l’ufficialità

Redazione — 2 Gennaio 2023

E’ morto Antonio Pallante, sparò a Togliatti “per salvare il Paese dal pericolo comunista”

E’ morto il 6 luglio scorso ma la notizia è stata data solo nelle scorse ore dai familiari. Antonio Pallante è scomparso un mese prima che compisse 99 anni. Viveva a Catania.  Fu l’attentatore di Palmiro Togliatti, leader del partito comunista italiano contro cui esplose quattro colpi di pistola, tre andati a segno, il 14 luglio 1948. Un attentato, compiuto quando aveva 25 anni, che portò il Paese a un passo dalla guerra civile.

“Mio padre ci ha sempre detto che quel gesto lo ha fatto semplicemente perché da studente vedeva qualcosa che poteva essere una minaccia per la democrazia, intravedendo il legame tra Togliatti e l’Urss”, spiega il figlio.

Un gesto che avvenne a Roma, nei pressi della Camera dei Deputati dove Togliatti era appena uscito insieme a Nilde Iotti, sua compagna all’epoca. Pallante, che partì da Randazzo, nel Catanese, dove aveva comprato l’arma al mercato nero “per tremila lire”, ha sempre spiegato di aver agito da solo perché preoccupato dal pericolo dell’espansione del comunismo in Italia. Nel corso della sua vita non si è mai occupato di politica.

Figlio di un appuntato della Forestale (dove poi entrerà lui stesso dopo la scarcerazione, per poi passare alla Regione), da giovane frequentò la facoltà di Giurisprudenza e fu presidente del blocco liberale qualunquista. In una intervista concessa a Repubblica venti anni fa: “Tenevo comizi in giro per la Sicilia, i miei erano ideali di patriottismo e di italianità che si scontravano con la politica di Togliatti, propugnatore della causa anti-italiana al servizio di Stalin. Fu proprio in quel periodo che cominciai a pensare ad un’azione che potesse fermare l’uomo che voleva portare l’Italia nel blocco orientale”.

Dopo il tentato omicidio, Togliatti, ferito alla nuca e al torace, ritenne doveroso rilasciare un’intervista dall’ospedale Policlinico di Roma per prova a tranquillizzare opinione pubblica e attivisti. Sono fuori pericolo”, disse il leader del Pci, “assicurando a tutti i compagni” che presto sarebbe “tornato al suo posto”.

Pallante dopo la sparatoria fu arrestato dai carabinieri e disse di avere acquistato l’arma a Randazzo e di essere arrivato a Roma con l’obiettivo di assassinare Togliatti. Un primo tentativo, compiuto il 13 luglio del 1948, il giorno prima dell’attentato, era andato a vuoto perché non era riuscito a farsi ricevere nella sede della segreteria del Pci, in via Botteghe Oscure. Processato per tentativo di omicidio fu condannato a 13 anni e otto mesi di reclusione. La pena in secondo grado fu ridotta a dieci anni e otto mesi. Dopo l’intervento della Cassazione e a un’amnistia scontò cinque anni e tre mesi di carcere e fu scarcerato nel 1953. 

Nell’intervista rilasciata a Repubblica raccontò quella giornata: “Arrivai a Roma riuscii ad assistere ad una seduta dei lavori per l’adesione italiana al Patto Atlantico. Ascoltai il discorso di Togliatti – disse – e le sue parole furono un ulteriore sprone. Così, saputo che poco dopo sarebbe uscito da una porta secondaria, attesi il suo arrivo seduto sui gradini dell’atrio di via Della Missione. E quando lui uscì, accompagnato da Nilde Iotti, sparai quei quattro colpi. Tre andarono a segno, uno si conficco’ su un cartellone”.

Poi sottolineò: “Non sono un killer a pagamento, come i servizi segreti americani hanno sempre voluto farmi passare, né ho mai avuto a che fare con i baronati siciliani. Il mio era un sentimento nazionalista, puramente italiano. Non ho agito contro un uomo ma contro un ideale. Il mio obiettivo non era Togliatti ma il Migliore, il capo del comunismo italiano, la longa manus di Stalin”.

Redazione

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