Barilla, forte della sua potenza mediatica, lancia una campagna per promuovere la cottura passiva della pasta.
Ancora con la cottura passiva della pasta?
Riassunto delle puntate precedenti.
Cottura passiva della pasta: cos’è e come si fa
La cottura passiva della pasta, nota anche come cottura a fuoco spento, limita a due minuti il tempo di cottura effettivo della pasta nell’acqua bollente.
Poi si spengono i fuochi e, messo il coperchio sulla pentola, si fa raggiungere passivamente il tempo di cottura indicato nella confezione del formato di pasta prescelto.
Schematizziamo:
- 1 – Quando l’acqua bolle si butta la pasta;
- 2 – Dopo 2 minuti si spegne il fornello;
- 3 – Si mette il coperchio aspettando il giusto tempo di cottura.
E il contatore ringrazia.
Il contatore forse sì, ma la pasta?
Scusate, non avevamo già archiviato la cottura passiva per consumare meno gas come un grossolano omicidio culinario colpevole di trasformare la pasta in gomma?
L’endorsement che non ti aspetti
Ricorderete che a inizio settembre il premio Nobel italiano per la fisica, Giorgio Parisi, aveva condiviso un post con la ricetta della cottura a fuoco spento della pasta.
Lo status dello scienziato italiano e il caro bollette che ha fatto schizzare le tariffe, con annesso incubo del gas razionato, avevano reso la sua proposta culinaria virale come un video di gattini su TikTok.
Ma quella di Parisi non era certo una primogenitura.
Su Scatti di Gusto, come in tutta l’internet cucinante, si è discusso a lungo di cottura passiva della pasta. Questa nostra ricetta della Cacio e pepe con cottura passiva della pasta risale al 2018, tanto per dire.
Con la cottura passiva la pasta viene gomma?
Comunque, alla proposta culinaria del Nobel italiano aveva risposto Antonello Colonna, non esattamente il primo venuto. Sarà anche uno dai gusti difficili il Colonna, ma è un maestro di cucina riconosciuto, oltre che un noto volto televisivo.
Lo chef e imprenditore di Labìco aveva proposto la cottura della pasta a freddo, un metodo secondo lui migliore perché scongiura il nefasto effetto gomma.
Proprio quando gli italiani, nonostante un possibile risparmio sulla bolletta del gas, sembravano convinti a mettere da parte la cottura passiva della pasta perché non garantisce la stessa resa di quella tradizionale, arriva Barilla.
E cosa ti combina il gigante italiano della pasta?
Barilla sale sul carro della cottura passiva della pasta
Riapre il fronte attraverso una campagna social, dove, forzando la retorica della “rivoluzione ecologica” (nientemeno), incoraggia gli italiani a rivolgere verso il pianeta “un piccolo gesto d’amore”.
Come? Praticando la cottura passiva della pasta.
Sostiene Barilla: vi sembra poco un piatto di pasta per ridurre i consumi e “combattere il cambiamento climatico”?
Pensate allora che sono 438 milioni le porzioni di pasta che si scodellano ogni giorno nel mondo (dati IPOI International Pasta Organisation Ipo).
Dunque, secondo la multinazionale della pasta, anche un piccolo gesto quotidiano può avere il suo peso sull’ambiente se fatto da tutti.
Siccome nel pastificio di Parma sono abituati a suffragare le tesi con i numeri, fanno parlare una stima dei pastai italiani di Unione Italiana Food sul risparmio possibile adottando la tecnica. Il risparmio di energia e emissioni di CO2 arriverebbe fino al 47%.
Barilla cerca anche di mettersi al riparo dalle critiche degli italiani, molto sensibili sul tema pasta e critici nei confronti della cottura passiva, perché fa assumere a spaghetti e maccheroni una texture (consistenza della superficie) gommosa.
Ad accompagnare la campagna social di Barilla c’è Jacopo Malpeli.
Secondo lo chef dell’Osteria del Viandante di Rubiera (Reggio Emilia), con la cottura passiva la pasta viene sottoposta a un livello di stress inferiore rispetto alla cottura tradizionale. Che si ripercuote in una minore dispersione di amido e glutine, elementi utili per “risottare” la pasta.
Alla fine, secondo Malpeli, la pasta uscirebbe perfettamente al dente e con tutte le proprietà nutritive mantenute.
I tempi di cottura per ogni formato
Non basta. Come in ogni tecnica di cucina degna di questo nome, anche nella cottura passiva della pasta il rispetto dei tempi è fondamentale.
Per questo Barilla, sul suo sito, ha sfoderato una tabella con i tempi di cottura ideali per tutti i suoi formati, studiati e testati.
Apprendiamo così che, per una resa ottimale degli spaghetti n.5, servono 9 minuti di cottura tradizionale e 2 + 8 minuti di cottura passiva (2 a fornelli accesi, 8 a fornelli spenti).
Per le penne rigate si passa a 11 minuti di cottura tradizionale e 2 + 11 di cottura passiva. E così via.
Infine, per la sua campagna sui vantaggi della cottura passiva della pasta realizzata in collaborazione con TOILETPAPER, la rivista dell’artista Maurizio Cattelan, Barilla ha sfoderato anche il gadget.
A Parma si preoccupano di non lasciare indietro i nativi digitali che stanno mettendo su famiglia.
Il dispositivo si chiama “Passive Cooker” e, nel linguaggio molto internazionale del pastificio, è uno “smart device” ecologico dotato di scheda e sensore per la temperatura che “dialoga” con un’applicazione mobile dedicata.
Funziona così.
1 – Si applica il passive cooker al coperchio di qualsiasi pentola e lo si associa allo smartphone;
2 – Quando rileva che l’acqua bolle si viene avvisati di buttare la pasta;
3 – Dopo 2 minuti il dispositivo avvisa di spegnere il fornello;
4 – Il “passive cooker” dice quando la pasta è pronta.
Quanto si risparmia con la cottura passiva della pasta?
Insomma, Barilla è salita sul carro della cottura passiva della pasta senza risparmio d’energia (ops!). Riuscirà a convincere gli italiani?
Alla luce dei calcoli che qualcuno si è divertito a fare non è scontato che ci riesca.
Cuocere la pasta a fuoco spento porterebbe un risparmio che va da 1 a 2,5 centesimi, quando va bene.
Vale la pena visto il rischio di trasformare il maccherone in gomma?