“Spesso buono oltre il”. Per contrastare lo spreco, la Commissione Europea ha proposto una modifica alle etichette che segnalano la scadenza dei prodotti alimentari.
La proposta della Ue intende aggiungere alla classica dicitura “Da consumarsi preferibilmente entro” la nuova formula “Spesso buono oltre il”.
L’obiettivo è estendere la vita degli alimenti e, contemporaneamente, ridurre ogni forma di spreco alimentare.
La modifica è contenuta nella bozza di un provvedimento su cui Bruxelles sta lavorando.
Cosa significa “Spesso buono oltre il”
Con la nuova dicitura, secondo i tecnici dell’Unione Europea, dovrebbe essere più comprensibile per i consumatori che alcuni prodotti non vanno necessariamente buttati.
Pensate al pane, a un affettato, oppure alla pasta o a un barattolo di marmellata. Persino a prodotti freschi come patate e cipolle. Anche se la data presente in etichetta è superata, questi prodotti potrebbero essere ancora commestibili, a patto di averli conservati adeguatamente.
Il coinvolgimento dei consumatori sarebbe superiore rispetto al passato, e anche l’impegno. Per decidere se un alimento è “spesso buono oltre il” servono tatto, vista lunga e olfatto sensibile. In pratica si deve decidere di non buttarlo nonostante sia rimasto nella dispensa o in frigorifero oltre una certa data.
Secondo l’Unione Europea, aggiungere “Spesso buono oltre il” è necessario per ridurre lo spreco alimentare, in quanto consente “una migliore comprensione della data di scadenza”.
La nuova dicitura, secondo l’esecutivo Ue, riuscirà a influenzare “il processo decisionale dei consumatori riguardo all’opportunità di consumare o eliminare un alimento”.
Stando al provvedimento in bozza, inoltre, “la maggior parte dei consumatori non comprende appieno la differenza tra la dicitura ‘da consumare entro’, da intendersi come un indicatore di sicurezza, e ‘da consumarsi preferibilmente entro’, che è, al contrario, un indicatore di qualità”.
Ragione per cui si è optato per la formula più diretta, “Spesso buono oltre il”.
Quanto cibo e denaro buttiamo ogni anno
Non basta. Secondo la tesi sostenuta dall’Unione Europea, l’aggiunta è necessaria per ridurre lo spreco alimentare, che raggiunge cifre esorbitanti.
In altre parole, ogni cittadino supera in media i 27 chili di cibo buttato all’anno, quantità che scende a circa 4 kg nella vendita al dettaglio. Per un costo stimato da Last Minute Market insieme all’Università di Bologna, in quasi 6,5 miliardi di euro.
La scritta “Spesso buono oltre il” non risolverà tutto. Ma trasferendo i dati italiani in Europa, ogni anno nell’UE vengono prodotti 57 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, 127 chili per abitante. Se traduciamo questi numeri in perdite economiche nei bilanci dei consumatori, raggiungiamo l’impressionante cifra di 130 miliardi di euro.
Differenze fraintese
Questo trionfo dello spreco sarebbe incentivato proprio dalla mancata comprensione delle differenze tra le etichette “da consumare entro” e “da consumarsi preferibilmente entro” presenti sui prodotti alimentari. Fraintese dal 63% degli italiani.
Se le organizzazioni più sensibili al contrasto verso gli sprechi alimentari esultano, c’è chi intravede pericoli connessi alla nuova dicitura “Di solito buono oltre il”.
Abbiamo già provato a spiegare con un lungo articolo le differenze tra “Da consumarsi preferibilmente entro” e “Da consumarsi entro”.
Da consumarsi preferibilmente entro
La prima non va vista come una raccomandazione rigida, è più una linea guida.
Finché un dato alimento non ci fa ritrarre involontariamente a causa dell’aspetto insolito, di un odore strano o di un sapore sconcertante, potrebbe non presentare problemi. E rientrare tra i prodotti da segnalare con la dicitura “Di solito buono oltre il”.
Se gli alimenti vengono conservati secondo le istruzioni presenti nella confezione, finché non ci fanno ritrarre a causa di un odore strano o di un sapore sconcertante, potrebbero non avere problemi.
Il semplice consiglio dato dai nutrizionisti agli italiani preoccupati di consumare il cibo dopo la data “Da consumarsi preferibilmente entro”, è di mettere i cibi più vecchi davanti e quelli acquistati più di recente dietro. Sia nel frigo che in dispensa.
Da consumarsi entro
La dicitura “Da consumarsi entro” indica la data entro cui possiamo nutrirci di un prodotto fresco, carne, pesce, formaggi, in modo sicuro, dunque la vera data di scadenza. Superata la quale quel prodotto non va consumato in ogni caso, né cotto e neanche congelato. Non c’è libera interpretazione dei consumatori come nel caso della dicitura “Di solito buono oltre il”.
Se un alimento sembra a posto e non presenta odori strani non significa che sia sicuro da mangiare. Purtroppo i batteri che causano le intossicazioni alimentari non si possono vedere, né gustare e neanche odorare.
Spesso buono oltre: l’idea di Too Good To Go
La Commissione dell’Unione Europea sembra essere andata nella direzione dell’etichetta consapevole lanciata già nel 2021 dall’applicazione Too Good To Go.
Si tratta dell’app, attiva in Italia è in altri Paesi europei, finalizzata al recupero dei prodotti invenduti da supermercati e ristoranti. Gli alimenti, che verrebbero buttati pur essendo ancora buoni, vengono recuperati e venduti nell’applicazione a prezzi molto più bassi rispetto agli originali.
Per approfondire leggete la nostra recensione di Too Good To Go.
L’app, insieme ai suoi partner commerciali, ha applicato l’etichetta “Spesso Buono Oltre: osserva, annusa e assaggia” su oltre 10 milioni di prodotti. Dalle farine alle conserve, dai dolci alla pasta secca, dalle confetture al riso.
Un aiuto per combattere lo spreco alimentare a livello domestico attraverso l’invito a osservare gli alimenti, annusarli e assaggiarli prima di buttarli nella spazzatura.
Quali cibi si possono mangiare e non buttare
Sul sito di Too Good To Go sono presenti i tempi entro i quali gli alimenti, pur avendo superato il termine minimo di conservazione, possono essere mangiati e non buttati. Le classiche situazioni da “Spesso buono oltre il”.
Parliamo di una settimana per il pane confezionato. Di un mese e oltre per alcuni affettati crudi e cotti. Due mesi e più per farine, pasta secca, confetture e riso. Persino 6 mesi dopo per maionese, senape o per il latte Uht.
Le reazioni a “Spesso buono oltre”
La prima reazione alla notizia arriva dalle 7.000 aziende produttrici associate in Federalimentare. C’è preoccupazione riguardo alle possibili nuove date di scadenza degli alimenti con la dicitura “Di solito buono oltre il”. Perché non essendo la nuova scadenza definita legalmente, dovrebbe essere richiesta ai produttori solo su base volontaria, non obbligatoria.
L’industria alimentare crede che esistano metodi migliori per trasmettere ai consumatori la differenza tra scadenze vincolanti per la sicurezza di un prodotto e date riferite invece alle qualità organolettiche del prodotto.
Secondo gli imprenditori del settore alimentare, espressioni come “Di solito buono oltre il” introducono incertezze sulle loro responsabilità legali con possibili ricadute sull’affidabilità dei marchi.
Coldiretti è più ottimista, ma avverte: “Qualsiasi aggiunta sull’etichetta che aiuti a fare scelte d’acquisto informate è positiva, a patto che sia chiara e comprensibile. Altrimenti c’è il rischio di confusione.