Formaggio fresco a latte crudo, spalmabile, tipico del Piemonte, ha origini lontane quando una volta si prendevano gli scarti, le croste o semplicemente il formaggio vecchio e si impastava tutto insieme
Formaggio fresco a latte crudo, spalmabile, tipico del Piemonte, ha origini lontane quando una volta si prendevano gli scarti, le croste o semplicemente il formaggio vecchio e si impastava tutto insieme
Oggi parliamo del “Bruss”. Di cosa si tratta in realtà? Il nostro protagonista altro non è che un formaggio fresco a latte crudo, spalmabile, e tipico del Piemonte. Viene anche menzionato come formaggio anti spreco, e oggi più che mai ne abbiamo bisogno. Nato in antichità proprio dall’esigenza di recuperare vari tipi di formaggi dove un tempo la povertà regnava sovrana sul nostro territorio, ecco che allora i formaggi andati a male, troppo duri, troppo stagionati, non più piacevoli al palato non si buttavano ma si recuperavano. Durante quei periodi di magra, nelle campagne del Nord Italia, si cercava di riutilizzare al meglio qualsiasi prodotto prima di eliminarlo definitivamente. In molte cascine dove si producevano formaggi si cercava pertanto di non sprecare niente. Si prendevano gli scarti, le croste o semplicemente il formaggio vecchio e si impastava tutto insieme, poi si aggiungeva il latte e si mescolava il tutto per decine di giorni, lasciando riposare al sole il composto. Si creava così una crema omogenea, che veniva lasciata fermentare ancora per alcuni giorni.
Vasetti di bruss
La lavorazione secondo la tradizione
La tradizione vuole che, soprattutto nei mesi più caldi, durante la fermentazione, venisse lasciato in cocci di terracotta anche per 40 giorni, mescolandolo con regolarità. Era dunque una fermentazione lattica, proprio per il fatto che si aggiungeva il latte crudo che, a sua volta, risultava ingrediente fondamentale per farla iniziare. Si pensi che al termine della produzione, si poteva riscontrare la presenza di piccoli vermicelli all’interno, allora, in quei tempi, si mangiava così!
Oggi questo procedimento produttivo non si può più mettere in atto, motivo per cui si utilizza la grappa al posto del latte per avere una fermentazione alcolica che, oltretutto, avrà il compito di sterilizzare il formaggio prodotto; perché l’alcool abbatterà tutti i batteri nocivi e lascerà in vita solo quelli utili per la fermentazione. Al giorno d’oggi è assolutamente vietato introdurre nella lavorazione il latte, neanche quello pastorizzato perché darebbe vita ad una fermentazione lattica che non può essere controllata per quanto riguarda la carica batterica, mentre con quella alcolica il problema non sussiste.
Ravioli ripieni di patate porri ricotta e bruss
Si tenga presente che nel passato il “Bruss” era fondamentalmente un prodotto casalingo, consumato all’interno delle famiglie e non destinato alla vendita al pubblico. Lo preparavano buona parte le famiglie piemontesi, sia di montagna che in valle, perché rappresentava un modo alternativo di utilizzare le parti di formaggio non più edibili.
Quei formaggi avanzati venivano grattugiati, tagliati a scaglie, per poi essere mescolati fra loro al fine di ottenere un formaggio cremoso con un’elevata intensità aromatica, che veniva utilizzato soprattutto come condimento del pane raffermo precedentemente inumidito e spalmato con aglio.
Formaggio di pecora stagionato usato per produrre bruss
L’origine del nome
Che dire a tal proposito se non che era una vera e propria tempesta di sapore. Il nome del formaggio “Bruss” con molta probabilità deriva dall’occitanico brousse, citato già nell’800 dal Grande Dizionario piemontese/italiano. Tutt’oggi per il suo sapore pungente un proverbio piemontese recita: “mac l’amor a l’è pi fòrt che ‘l bros”, soltanto l’amore è più forte del “Bruss”.
Oggi viene prodotto con formaggi tipici del Piemonte, di più tipologie che vengono fatti a scaglie o grattugiati, miscelati insieme alla grappa. Dopo un lungo e laborioso processo produttivo viene messo in vasetti di vetro chiusi ermeticamente. Il colore può variare in base al tipo di alimentazione degli animali che producono il latte: in estate sarà di un colore tendente al giallo paglierino per via delle erbe e dei fiori di cui si nutrono all’aperto gli animali, mentre durante l’inverno il colore sarà tendente al bianco avorio poiché gli animali riposano in stalla e si cibano prevalentemente di fieno.
I crostini di polenta con panna e bruss
C’è chi per realizzarlo utilizza formaggio stagionato di pecora, dai 24 ai 30 mesi di stagionatura e di qualità. Dalle forme di formaggio viene eliminata la crosta, utilizzandone solo la parte nobile, lo si taglia finemente per arrivare ad ottenerne una sorta di formaggio grattugiato.
Si aggiunge poi la grappa e si inizia a mescolare il tutto. Al composto viene aggiunto il pepe e a ruota dell’olio extravergine di oliva di olive Taggiasche tipiche della Liguria. Tutto viene posto all’interno della classica tupina, recipiente di terracotta, e lo si lascia riposare per svariati giorni a temperatura ambiente.
C’è chi per realizzare il bruss utilizza formaggio stagionato di pecora
Dopo una settimana lo si mescola ancora con un cucchiaio di legno e lo si richiude, ripetendo questa fase per svariati giorni: possono trascorrerne anche 60 di giorni prima di arrivare alla giusta maturazione. Una volta maturato il “Bruss” viene confezionato in vasetti di vetro chiusi ermeticamente poi sottoposti a trattamento termico…un tempo era semplicemente l’esposizione al sole che creava una specie di sottovuoto. Lo si consumerà solo quando il composto risulterà morbido e cremoso.
Il bruss nella tupina
L’utilizzo della tupina è fondamentale per ottenere la maturazione del “Bruss” in quanto la terracotta gli consente di respirare: condizione che non avremmo se si usasse un contenitore di acciaio. Lo si consuma spalmato sul pane, sulle focacce, miscelato alla panna sui crostini di polenta o anche come ingrediente per ripieni di pasta fresca.