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Giustizialismo due punto z | L’aggressione razzista a Soumahoro arriva dagli stessi che si bevono la propaganda putiniana – Linkiesta.it

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Vorrei parlare del caso di Aboubakar Soumahoro parlando di qualcosa che apparentemente non c’entra nulla e invece è proprio in argomento. Avete presente la guerra all’Ucraina? Non la guerra “in” Ucraina, come molto spesso si dice, ma la guerra all’Ucraina: perché uno l’ha fatta e continua a farla e l’altro l’ha subita e continua a subirla.

Bene, abbiamo letto in questi mesi che sì, d’accordo, c’è un aggredito e c’è un aggressore, ma dopotutto anche questo Volodymyr Zelensky non è che sia proprio uno stinco di santo, zittisce gli oppositori, introduce la legge marziale, limita la libertà di stampa, insomma è un mezzo dittatore.

In questi mesi di guerra “in” Ucraina, mentre c’era la guerra “all’Ucraina”, abbiamo letto e sentito tante volte che sì, va bene i russi, però attenzione perché tra gli altri ci sono tanti nazisti, il battaglione Azov, i soldati che si fanno fotografare con la svastica, quella non è mica una vera democrazia, eccetera.

Ecco, tutte queste cose – se anche esistono – cessano di essere rilevanti quando c’è di mezzo il bombardamento degli ospedali, degli asili, dei mercati, quando di mezzo ci sono gli stupri, la deportazione di centinaia di migliaia di bambini, la sistematica distruzione delle centrali elettriche, dei depositi di cibo, delle infrastrutture che garantiscono gli approvvigionamenti e appunto tutto ciò non per caso, ma sistematicamente, per fare l’Holodomor n. 2 mentre qui qualche cialtrone parla del bambino nella grotta che chiede la pace.

Ma si vuole un altro esempio caldo? Eccolo: è ben possibile che tra i ragazzi e le ragazze con la testa maciullata dalla polizia morale in Iran ci sia anche qualche mascalzone, ma questo che cosa significa? Che cosa c’entra? E avviciniamoci al caso di cui stiamo discutendo, a Soumahoro. È molto probabile che tra i neri incatenati nelle piantagioni schiaviste ci fossero anche dei brutti ceffi, anche dei bei delinquentoni: ma questo che cosa c’entra? Questo forse giustificava la schiavitù?

E quindi Soumahoro: che lui o la sua famiglia abbiano fatto qualcosa di sbagliato o perfino illecito a me non interessa più nulla se vedo che si ingrossa quest’aggressione. Un’aggressione che non c’entra nulla con la ricerca della verità ma soprattutto – non voglio dire soltanto, ma soprattutto – c’entra con il colore della pelle di chi la subisce.

L’obiezione del cretino è pronta: ma tu paragoni il caso di questo magliaro che fa carriera sulla pelle dei migranti mentre la moglie e la suocera li affamano? Paragoni il caso di questo impostore alle sofferenze del popolo ucraino o alla repressione dei giovani iraniani? Non si possono sentire certi paragoni!

Meditare: a rispondere in questo modo è innanzitutto chi durante ormai quasi un anno di guerra all’Ucraina ha parlato di guerra “in” Ucraina; è in primo luogo chi raccomanda di guardare anche alla parte che rifiuta e vanifica la pace perché si difende; è grosso modo chi reclama il dovere di fare accertamenti, se a Bucha non c’erano i bossoli; è pressoché sempre chi riafferma la missione informativa due punto zeta che obbliga a tener conto della versione russa, perché la propaganda notoriamente c’è dappertutto.

E sono gli stessi che rivendicano il diritto di tracciare i soldi usati per comprare le mutande della trisnonna di Soumahoro perché i diritti dei migranti sono importanti, i diritti dei migranti ben protetti in Italia finché «questo negro di merda» non si è messo a farne carne di porco.

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