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Gigi D'Alessio: “A Sanremo era come fossi sceso da un barcone, contro di me razzismo culturale” – Il Riformista

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Il cantante napoletano

Vito Califano — 3 Dicembre 2022

Gigi D’Alessio: “A Sanremo era come fossi sceso da un barcone, contro di me razzismo culturale”

Lo scorso giugno Gigi D’Alessio ha festeggiato con due serate, in diretta sulla Rai, i trent’anni di carriera a Piazza Plebiscito. Il ragazzo nato Luigi che da giovane si addormentava con le cuffie e le canzoni di Claudio Baglioni nelle orecchie fino a quando la madre non le spegneva lo stereo, si è raccontato in una lunga intervista a Il Corriere della Sera. “A 5 anni già suonavo la fisarmonica di mio fratello Pietro. Troppo grande per me: lui la reggeva e muoveva il mantice, io premevo i tasti. Poi papà Franco mi regalò un organetto Bontempi, bianco e arancione. La musica ti moltiplica l’anima, ti rende più sensibile. A 10 anni entrai in conservatorio e andai a vivere con nonna Maria, perché era più comodo. I miei, che avevano un negozio di abbigliamento, mi comprarono il primo pianoforte, pagato 1 milione e 900 mila lire in circa 400 comode rate”, ha raccontato.

La gavetta ai matrimoni con un quartetto, lui alle tastiere. Dal 1989 al 1992 pianista di Mario Merola. “Un personaggio unico, di grande carisma, eravamo come padre e figlio. Un pezzo di pane, l’uomo più buono al mondo, anche se nei film faceva il cattivo, il guappo, il carcerato, il mammasantissima. Girare a Napoli con lui era come passeggiare a New York con Sinatra”. La svolta con Cient’anne, scritta e cantata in duetto proprio con Merola: “Appena uscì, in tre ore a Napoli era diventato come Yesterday dei Beatles. E quando al mio debutto in concerto, nel 1993, al teatro Arcobaleno di Secondigliano, vidi i bagarini davanti all’ingresso, capii che era successo qualcosa di bello”. Ai critici musicali che l’hanno sempre piazzato tra i neomelodici solo ringraziamenti.

Quando sono andato a Sanremo, anno 2000, sembrava che fossi appena sceso dal barcone, contro di me c’era razzismo culturale, come se potessi cantare soltanto di vicoli e sceneggiate. Che poi in Non dirgli mai c’era una sola frase in napoletano. E oggi in molti conservatori la studiano come trattato di armonia“. Con Pino Daniele invece un rapporto turbolento. “Ce ne siamo dette di tutti i colori. Eppure eravamo nati a venti metri di distanza nel quartiere Santa Chiara, i nostri genitori giocavano a carte insieme. Avevamo pure la stessa casa discografica, però non eravamo amici, anzi. Finché un giorno, nel 2008, Pino mi telefonò: ‘Prima ca’ ci amma appiccicare (che finiamo per litigare) ci vulimme conoscere?’. E poi mi invitò al suo concerto. Mai preso tanti fischi come quella sera. Però da allora non ci siamo più persi, spesso passava il Natale a casa mia, tra risate e bicchieri di vino”.

Indimenticabile l’incontro con Diego Armando Maradona. “Nel 2013, quando gli feci ascoltare la canzone Si turnasse a nascere — che parlava di quando diventi famoso e non sai più se le persone ti stanno accanto per affetto o per interesse — si mise a piangere. ‘L’hai scritta per me?’ In realtà era autobiografica. Se il problema lo avevo io, figuriamoci lui, il più grande al mondo. Volle fare il protagonista del videoclip, per girarlo mi invitò due settimane a Dubai. Giocammo a calcio tennis in quattro, di là Cannavaro e Bruscolotti, di qua io e Diego, eh eh, indovinate chi ha vinto?”.

Di recente D’Alessio è diventato padre per la quinta volta. Un figlio avuto con la compagna Denise Esposito dopo la fine della storia con Anna Tatangelo. Con lei “va bene, comunque abbiamo un figlio insieme. Le storie cominciano e finiscono, oggi sono felice, lo auguro anche a lei. No, non provo amarezza, è così che va la vita”.

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Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

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