IL DÉJÀ VU SUL REDDITO DI CITTADINANZA
Sul reddito di cittadinanza, la legge di bilancio 2023 stabilisce due cose. Uno: la riforma complessiva viene rinviata al 2024. Due: il sostegno viene già ridotto dal prossimo anno ai percettori ritenuti “occupabili”.
Bene, ma non benissimo Il posticipo della “manutenzione” complessiva del reddito al 2024 è perlomeno positivo, scrive Lavoce.info, perché serve tempo per fare le cose fatte bene. E andare di fretta, come fecero i Cinque Stelle con la Lega nel 2019, usando i decreti d’urgenza per approvare il reddito, ha portato alle storture che oggi si contestano soprattutto sul fronte dell’inserimento al lavoro. Il governo Meloni ora ha annunciato che sostituirà il sussidio con due misure: una rivolta ai poveri che non sono in condizione di lavorare e l’altra destinata a quelli che lo sono. Seguire questa strada potrebbe rivelarsi una buona idea, oppure un disastro.
Ma il percorso indicato per il 2023, in realtà, non lascia ben sperare. Gli annunci faciloni contro il reddito e gli slogan dell’«andate a lavorare», in effetti, ricordano tanto la stessa demagogia degli annunci pro reddito di Conte e Di Maio di quattro anni fa. Quando si diceva che con l’arrivo di Mimmo Parisi dal Mississippi all’Anpal e l’assunzione degli ormai ex navigator si sarebbero rivoluzionate le politiche attive del lavoro.
Occupabili a chi? Il prossimo anno, secondo la manovra Meloni, i percettori ritenuti occupabili potranno ricevere al massimo otto mensilità. Il punto è capire chi sono gli occupabili e quanti sono. Nel testo della legge di bilancio, come confermato dalla ministra del Lavoro Marina Calderone, sono tali quelli che non vivono in famiglie con persone disabili, minori e ultra 60enni. Finora l’occupabilità veniva definita su base individuale, ora è una concetto che si allarga alla famiglia. Nella relazione illustrativa si parla di 404mila famiglie che a settembre del 2023 non riceverebbero più il reddito, che verrà tolto anche nel caso di rifiuto di una sola offerta congrua di lavoro.
Ci risiamo Ma fornire in otto mesi quei corsi di formazione e di avviamento al lavoro che non si è riusciti a fornire loro in quattro anni è una proposta farlocca e demagogica, dice Francesco Seghezzi. I problemi, in effetti, restano gli stessi.
- Il periodo di crisi economica riduce le opportunità di lavoro. Tanto più che la gran parte dei percettori vive nel Sud Italia, dove la domanda di lavoro è ancora più bassa.
- I sottoscrittori dei patti per il lavoro spesso hanno bassi livelli di istruzione e un’età avanzata che li rendono scarsamente occupabili.
- Nonostante la cacciata di Parisi dall’Anpal, nei centri per l’impiego non si è vista grande discontinuità. I navigator sono stati lasciati a casa. I concorsi per assumere circa 11mila nuovi operatori delle politiche stanno procedendo lentamente, ma servirà tempo per riorganizzare la macchina.
Non siamo in Danimarca Certo, ricorda Francesco Giubileo, in alcuni contesti anche persone non qualificate possono trovare un lavoro. È successo in Danimarca, dove il contesto economico è ancora oggi così positivo che i disoccupati, a prescindere della loro qualificazione, in pochissimo tempo sono in grado di ricollocarsi. Il problema è che l’Italia non è la Danimarca. E soprattutto il Mezzogiorno non è la Danimarca. I centri per l’impiego, senza una integrazione con le agenzie per il lavoro private, nel 2021, su 300mila aziende contattate, sono riusciti a raccogliere solo 14mila vacancy. Lo stesso piano Gol del Pnrr mette le mani avanti, prevedendo solo l’“attivazione” di 300.000 persone nel mercato del lavoro entro quest’anno, e non l’occupazione.
Ah, la formazione Per coloro che non sono “facilmente occupabili”, il governo ha fatto sapere poi che sarà previsto un percorso formativo. Ma pensare che basti formare la maggior parte dei percettori del reddito per colmare quel milione di posti di lavoro qualificati da riempire sembra altrettanto irrealizzabile. Tra l’altro non si sa nemmeno chi si occuperà della formazione.
Modifiche al fotofinish Gli incentivi all’assunzione di percettori di reddito di cittadinanza non interessano i datori di lavoro, fa notare Andrea Garnero: in tre anni hanno riguardato solo 282 persone. Mentre gli incentivi per i percettori a trovare un lavoro restano mal calibrati: la cumulabilità parziale tra sussidio e reddito da lavoro regolare sarebbe una delle prime cose da fare per incentivare l’attivazione e disincentivare la fuga verso il lavoro nero. Era tra le dieci proposte fatte dalla Commissione Saraceno. Sono stati anche presentati degli emendamenti, ma non se ne è fatto nulla.
- L’ultima bozza della manovra, con una modifica aggiunta al fotofinish prima dell’arrivo del testo in Parlamento, ora prevede che si potrà cumulare l’assegno, entro un limite massimo di 3mila euro lordi, con i redditi che derivano da lavori legati a contratti stagionali o intermittenti.
Quattro anni non sono pochi Il governo Meloni si giustifica dicendo che hanno dovuto fare tutto di fretta. È vero che la premier si è insediata da poco, ma Fratelli d’Italia e Forza Italia da quattro anni contestano il sussidio. La Lega si è aggiunta al coro poco dopo perché era al governo con i Cinque Stelle quando lo hanno approvato. Insomma, però, hanno avuto il tempo di pensare a un’alternativa.
Le piazze Il punto, dice Marco Bentivogli, è che chi vanta risultati nel breve periodo generalmente “mente”, il lavoro merita investimenti veri con politiche serie e con ampi orizzonti. Il risultato ora sono le piazze dell’opposizione in difesa del reddito di cittadinanza. Riproponendo le tifoserie contro e pro il sussidio, con le stesse argomentazioni facili e la stessa demagogia di quattro anni fa. Senza una discussione più complessa su come migliorare il sussidio e le politiche attive del lavoro in Italia.
ULTIME DALLA MANOVRA
I conti non tornano Nell’ultima bozza della legge di bilancio, di 156 articoli, è prevista una spending review da almeno 140 milioni da parte dei ministeri per arrivare alle coperture su flat tax e quota 103 per le pensioni.
- Tagli Il conto lo pagano le carceri, con tagli al personale, e le spese destinate alle intercettazioni. Non solo: l’Agenzia delle entrate dovrà anche ridurre le sedi. Nell’ultima versione è previsto poi anche un minore incasso dalla tassa sugli extraprofitti e nuovi paletti alla proroga di Opzione Donna, con una platea stimata di beneficiari di sole 2.900 persone nel 2023.
- Riecco i voucher Nella manovra si allargano le maglie per l’uso dei buoni lavoro aboliti dal governo Gentiloni, con un limite di utilizzo che sale da 5mila a 10mila euro anche per le prestazioni lavorative occasionali svolte nell’ambito delle attività agricole stagionali per non oltre 45 giorni nell’anno solare. Garnero però ricorda uno studio che mostra però come i vecchi voucher aumentavano il lavoro irregolare perché consentivano una regolarizzazione last minute in caso di ispezione.
- Porte aperte? Vengono stanziati oltre 37 milioni di euro destinati alle agenzie di somministrazione per velocizzare il rilascio del nulla osta per il lavoro stagionale e la regolarizzazione degli stranieri prevista nel decreto flussi 2022.
Chi vince e chi perde Nella legge di bilancio, le misure in favore degli autonomi sono più pesanti. Ai dipendenti va un punto in più di taglio al cuneo fiscale per i redditi fino a 20mila euro, oltre alla conferma dei 2 punti tagliati già da Draghi, e l’aliquota al 5 per cento per i premi di produttività. Agli autonomi la flat tax al 15% fino a 85mila euro, anche se su questo si aspetta l’ok dalla Ue. La sanzione ai commercianti per il rifiuto del pagamento elettronico scatta invece solo dopo i 60 euro.
Prossime tappe Il testo della manovra entro poche ore diventerà definitivo e verrà trasmesso al Parlamento, che dovrà poi approvarlo entro fine anno. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti interverrà in audizione venerdì 2 dicembre davanti alle commissioni Bilancio.
Parti sociali Dalla Cgil, Landini dice che la manovra è contro i poveri e che è necessaria una «mobilitazione». Dalla Cisl, Sbarra risponde che è prematuro parlare di mobilitazione e chiede un tavolo di confronto al governo. «Analizzeremo il testo, poi decideremo cosa fare», commenta Bombardieri, Uil. Per il presidente di Confindustria Carlo Bonomi si tratta di una manovra «senza visione». Venerdì 2 dicembre, intanto, i sindacati di base hanno indetto uno sciopero generale per chiedere il rinnovo dei contratti e l’aumento dei salari.
NUMERI
Sos Sud Secondo il Rapporto Svimez 2022 presentato in Parlamento, il Mezzogiorno si allontana sempre più dal resto del Paese con un Pil che quest’anno si distanzia di oltre un punto dal più 4 per cento del Centro Nord. I posti di lavoro riguadagnati nel post pandemia sono in gran parte precari e poveri. E il Pnrr non basta a ridurre le diseguaglianze.
In arrivo:
– Mercoledì 30 novembre sono attese le stime sul Pil nel terzo trimestre e sull’inflazione a novembre.
– Giovedì 1 dicembre l’Istat diffonde i dati sull’occupazione a ottobre.
– Venerdì 2 dicembre l’Ilo presenta il suo rapporto con un focus sull’Italia e dal Censis arriva il “Rapporto sulla situazione economica e sociale del Paese”.
EMERGENZE INDUSTRIALI
Niente rete Il progetto di Cdp per intrecciare la rete della controllata Open Fiber con quella della rivale Telecom Italia in una infrastruttura unica, voluto dal governo di Mario Draghi, è stato bocciato dal nuovo esecutivo. Giorgia Meloni non ha condiviso la lettera d’intenti firmata da Cdp, che si sarebbe dovuta trasformare in un’offerta non vincolante entro il 30 novembre. Il governo studia piani alternativi. Qualche novità potrebbe arrivare dall’incontro di oggi tra governo e sindacati Tim.
Airport Giorgetti Lufthansa starebbe cercando di ottenere la maggioranza di Ita Airways a un prezzo scontato. Si parla di una cifra intorno ai 250 milioni di euro, la metà rispetto a quanto offerto a gennaio 2022. In quel momento Msc e Lufthansa, insieme, avrebbero pagato 750 milioni di euro per l’80% delle azioni di Ita. Il governo starebbe cercando ora di riaprire le trattative con Msc, che però non sarebbe più interessata.
Acciaio di Stato Dopo lo sciopero della scorsa settimana all’ex Ilva a causa dello stop di Acciaierie a 145 imprese dell’indotto, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha detto che bisogna «riequilibrare la governance» col socio privato ArcelorMittal. «Lo Stato ci metterà altri 2 miliardi, dobbiamo sapere come verranno spesi».
Giù a Sud Giorni decisivi anche per la Lukoil di Priolo, per la quale dal 5 dicembre scatterà all’embargo europeo sull’importazione di petrolio russo. Urso ha parlato di un «intervento congruo» in settimana. Le banche hanno aperto a un salvataggio del gruppo, con una richiesta minore (580 milioni), ma garanzie maggiori (oltre a Sace, potrebbero intervenire anche il Tesoro e la Regione Sicilia).
COSE DI LAVORO
Frontalieri Il consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo tra Italia e Svizzera che regolamenta il regime di tassazione per i frontalieri che lavorano in Svizzera ma vivono in Italia. Previsto un regime transitorio con fiscalità agevolata per chi è attualmente impiegato. Per i nuovi assunti, scatterà un nuovo meccanismo, con la maggior parte del carico fiscale nel nostro Paese.
Tutti licenziati La United Furniture Industries, grande mobilificio del Mississippi, ha comunicato a gran parte dei 2.700 dipendenti la fine del rapporto con una mail o un sms. I messaggi sono arrivati poco prima della mezzanotte del 21 novembre. Sono state presentate tre class action perché la compagnia ha violato la legge federale che prevede un preavviso di almeno 60 giorni per i licenziamenti.
Dagli Usa all’Italia I licenziamenti annunciati da Amazon potrebbero riguardare anche il nostro Paese. L’esame sulla forza lavoro italiana si concluderà entro l’anno, poi dal 2023 potrebbe arrivare la sforbiciata.
Effetto Procura Quasi 1.500 lavoratori sono stati assunti dal colosso delle spedizioni Dhl a seguito di un’indagine della Procura della Repubblica di Milano del 2021 che accusava l’azienda di contratti illeciti. Dhl, accusata di «neutralizzare il cuneo fiscale con l’esternalizzazione della manodopera», ha scelto ora di «reinternalizzare» i lavoratori.
Donne al lavoro Da una parte c’è chi pensa al congedo mestruale. Dall’altra, Axios racconta che i datori di lavoro negli Stati Uniti sono sempre più attenti ai sostegni per le donne che soffrono dei sintomi legati alla menopausa, tra vampate di calore, affaticamento e sbalzi d’umore. Una condizione che riguarda circa il 20% della forza lavoro americana. E le aziende che offrono servizi ad hoc ora vedono un nuovo mercato aprirsi all’orizzonte.
Che ne pensate?
Per oggi è tutto.
Buona settimana,
Lidia Baratta
Per segnalazioni, integrazioni, critiche e commenti, puoi scrivere a lidia.baratta@linkiesta.it.
Per iscriverti a “Forzalavoro” e alle altre newsletter de Linkiesta, basta andare qui.