Da Cesare al Pellegrino a Roma, Settimio ha riaperto grazie a Vignoli del Casaletto. La notizia che ieri, giovedì 9 marzo 2023, ha riaperto Settimio al Pellegrino, ribattezzato “Da Cesare al Pellegrino”. Un’istituzione, una trattoria storica, che aveva chiuso lasciando nello sconcerto generazioni di clienti, affezionati a Mario e Teresa, affranti per la perdita di un pezzo di storia gastronomica della città.
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Da qualche tempo, poi, si era saputo che la chiusura non era definitiva, nel senso che Mario Zazza aveva deciso di affidare la prosecuzione della lunga storia a un altro protagonista della ristorazione capitolina, Leonardo Vignoli, di Cesare al Casaletto. C’era stato un’ipotesi di affidarlo a uno dei due figli (un chirurgo e un avvocato) ma poi è prevalsa l’idea di affittare il locale al più affidabile Vignoli. E dopo mesi di lavori e di studio, giovedì finalmente Settimio ha riaperto. In sordina, senza inaugurazioni roboanti, senza troppo clamore. Perché non è nello stile di Leonardo, figuriamoci in quello di Mario e Teresa, e perché bisogna rodarsi per far funzionare tutto al meglio.
Per ancora un mesetto Settimio by Cesare sarà aperto solo a pranzo e poi decollerà definitivamente anche a cena. Ma intanto vi raccontiamo cosa e come si mangia, quanto si paga, cosa si beve e soprattutto se la pesante eredità è stata raccolta bene.
La risposta la anticipiamo, è sì e così – come dice uno dei frequentatori del locale, il corrispondente del Paìs, Daniel Verdù, finalmente si realizza il sogno di vedere unite “l’osteria più sincera e commovente di Roma, Settimio, con la cucina migliore della città, che è quella di Leonardo da Cesare“.
La sfida è quella di provare a lavorare in continuità con la frugalità e l’essenzialità della vecchia osteria di Settimio. Per questo l’ambiente ha mantenuto molte delle vecchie caratteristiche.
C’è ancora il vecchio campanello dorato, i pavimenti sono rimasti gli stessi, i muri leggermente rinfrescati e i tavoli uguali, anche se rinnovati e migliorati.
Ci sono nuove lampade, molto belle, e al posto grande quadro di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (il film di Monicelli nel quale recitò Mario Zazza), c’è un grande specchio d’acciaio con le parole “Can words dance?”.
Elemento spiazzante in una vecchia osteria, sia pure modernizzata, ma voluto dall’architetto Maurizio Frangipane e affidato all’artista malese H.H. Lim.
Spiega Leonardo: “Mi piace l’idea delle parole che danzano nell’aria, in una trattoria è questo quello che succede, le parole danzano sui tavoli”.
Anche il menu risente della volontà di ripercorrere l’essenzialità della cucina di Settimio. Non c’è la mitica mela cotta, ma ci sono piatti semplici e saporiti come i Rigatoni con il sugo degli involtini (12 euro), la minestra di broccoli e arzilla (14), gli spaghetti con il tonno (13). E ancora, le mitiche polpette che sono state ribattezzate alla Teresa (14). Ci sarà la stessa scansione temporale rodata da Teresa, un piatto al giorno (pasta e fagioli, gnocchi, stracciatella).
Ottimo il lesso alla Picchiapò (14), così come gli involtini di manzo al sugo (14) e il baccalà alla romana (19). Tra i contorni, broccoletti e cicoria (6 euro) e insalatina di campo (5). I dolci costano 7 euro (la crostata con marmellata di visciole e un cremosissimo tiramisù).
Come sempre da Leonardo, il cibo si accompagna a una scelta di vini ottima, che punta tutto su produttori naturali e artigianali. Noi cominciamo con lambrusco metodo classico Angol d’Amig. Proseguiamo con uno splendido grenache La Pascole (di Banyuls) e finiamo con un Nero d’Avola di Barraco.
Il finale è con distillato alle mele Decio di Belfiore, presidio Slow Food.
In sala, compaiono prima Teresa, poi Mario, che si aggira un po’ inquieto. Non perché non gli piaccia il progetto, anzi, ma perché ha già nostalgia di quando si aggirava tra i tavoli, servendo Carlo Verdone e Renato Guttuso. Oggi, secondo giorno di riapertura, oltre a Verdù c’è il corrispondente del New York Times Jason Horowitz (nella foto, a destra). E c’è Manlio Cerroni, habituè della stracciatella e re delle discariche, in rappresentanza dell’eterno mondo antico della romanità, . Vecchi clienti si affacciano per controllare che lo spirito di Mario e Teresa aleggi ancora su quei tavoli e nuovi si aggirano pronti a scoprire la cucina di Leonardo.
Dunque, finalmente anche in centro si può mangiare bene, a prezzi più che onesti, in un’osteria pulita e luminosa, con l’ombra di una storia prestigiosa e la luce di un presente che onora il recente passato.
Da Cesare al Pellegrino, via del Pellegrino 117
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