«È finita una telenovela durata anche troppo», dice il leader di Italia Viva Matteo Renzi in un’intervista al Quotidiano Nazionale il giorno dopo l’accordo Pd-Azione-PiùEuropa. «Calenda ha sprecato l’occasione di costruire un polo riformista del 10%». Mentre per Letta «è un autogol, perché si impegna a candidare con il Pd uno come Di Maio che diceva dell’elettroshock fatto da quelli del Pd ai bambini di Bibbiano. È una scelta che non condivido ma che in ogni caso rispetto».
E Renzi ora che farà? «Con libertà e il consueto coraggio andrò contro questa alleanza talmente contraddittoria da far apparire l’unione di Prodi e Bertinotti come omogenea», risponde.
Ma sia Letta sia Calenda ora dicono che il dialogo con Renzi resta aperto. «Non so con quali Renzi Letta stia dialogando», risponde. «A me negli ultimi dieci giorni ha fatto una sola telefonata di due minuti e quaranta secondi», dice. Per dirgli, spiega, «stostanzialmente che non voleva Italia Viva nella coalizione perché pensava e pensa che gli facciamo perdere più voti di quanti ne guadagni. Questo è il massimo del dialogo che Enrico ha interpretato».
Dal Pd, «mi hanno mandato degli sherpa per offrirmi un posto per me e qualcun altro per qualcuno dei miei», racconta Renzi.
E su Emma Bonino che ha chiuso all’ingresso di Renzi in coalizione, dice: «So solo che Emma Bonino non l’ho confermata come ministro degli Esteri nel 2014 e sono convinto di aver fatto la cosa giusta. Se questo le ha provocato risentimenti non lo so, ma non mi fa cambiare idea».
Ora, però, dopo la scelta di Letta e Calenda, secondo Renzi la vittoria della destra «è più facile e più corposa». Perché «se ci fosse stato un polo riformista avrebbe portato via voti alla destra. Così non sarà e se si vorrà impedire una vittoria schiacciante di Giorgia Meloni occorrerà votare il terzo polo che si costituirà intorno a Italia Viva».
Renzi esclude una «remuntada» del centrosinistra contro Meloni. Anche perché «manca la politica», dice. «Una remuntada è possibile se fai delle proposte, se lanci delle idee. Che so, il piano per le tasse. Invece l’unica cosa che ha saputo dire Letta è che ne metterà una nuova di successione. Così passa l’idea che il Pd sia il partito delle tasse».
Eppure c’è dell’amarezza in Renzi. Ora punta al 3% per entrare in Parlamento. «Con Calenda avremmo potuto andare in doppia cifra, arriveremo al cinque», dice. La campagna elettorale si baserà sugli «stipendi, come già facemmo con gli 80 euro. Poi la sanità e i 37 miliardi per il Mes. E soprattutto diciamo no a nuove tasse, di qualsiasi tipo».
E Renzi si candiderà. «Probabilmente da più parti, anche in Toscana».