Baristi, ristoratori, pasticceri, pizzaioli hanno messo in luce le difficoltà che devono affrontare di fronte a bollette triplicate. Molti imprenditori dovranno scegliere se proseguire l’attività o abbassare le serrande
07 settembre 2022 | 18:54
Baristi, ristoratori, pasticceri, pizzaioli hanno messo in luce le difficoltà che devono affrontare di fronte a bollette triplicate. Molti imprenditori dovranno scegliere se proseguire l’attività o abbassare le serrande
07 settembre 2022 | 18:54
Era stato preannunciato dall’Appe (Associazione provinciale pubblici esercizi) come un evento partecipato e carico di significati, e così è stato: decine e decine di esercenti padovani, che si sono dati appuntamento di fronte al tribunale di Padova, per la consegna di chiavi e registri contabili delle attività, a rappresentare quello che realisticamente può accadere entro poche settimane, se il Governo non interverrà per calmierare i costi energetici. «È stato – dichiara il vice presidente Appe, Matteo Toniolo – un momento di partecipazione attiva da parte di baristi, ristoratori, pasticceri, pizzaioli, che sono scesi in piazza per manifestare tutte le loro difficoltà di fronte a bollette triplicate e che, nei prossimi mesi, saranno destinate ad aumentare ancora, mettendo molti imprenditori di fronte alla scelta se proseguire l’attività o abbassare definitivamente le serrande».
Un momento della manifestazione a Padova
Sono a rischio almeno il 15-20% delle imprese
Secondo stime dell’associazione, che a Padova e provincia rappresenta circa 1.500 sui circa 3.000 pubblici esercizi in attività, sono a rischio almeno il 15-20% delle imprese: significa 600 locali che saranno costretti a chiudere, con la perdita di oltre 2.000 posti di lavoro, senza contare le conseguenze in termini di indotto, presidio del territorio, accoglienza a turisti e cittadini. «Pensiamo per un attimo – prosegue Toniolo – a cosa significa per una piazza, per un piccolo paese di campagna, per un centro cittadino, perdere magari l’unico bar o l’unica trattoria: vuol dire perdere moltissimo in termini di servizi, di sicurezza, di decoro urbano, ma anche di “memoria storica” e di tradizioni culturali».
Allarme anche dai pasticceri
Nutrita anche la rappresentanza di pasticcerie, i cui titolari hanno partecipato alla manifestazione con i vestiti da lavoro (giacche, grembiuli, copricapo), per farsi riconoscere e simboleggiare le particolari difficoltà di una categoria che fa largo uso di energia elettrica e gas e che, pertanto sta decisamente soffrendo. «Gli aumenti – dichiara la presidente del gruppo pasticceri Appe, Federica Luni – sono arrivati proprio nel periodo estivo, quando le nostre attività lavorano meno, hanno minori liquidità e quindi sono praticamente messe in ginocchio».
Non è possibile puntare alla sospensione delle attività
I pubblici esercizi, diversamente da altre attività, non possono puntare alla sospensione delle attività: la cassa integrazione per i dipendenti non è automatica, ma va richiesta e motivata, e, comunque, vi sono consumi energetici “fissi” (ad esempio celle frigorifere, vetrine, ecc.) che sono da sostenere anche se l’attività è chiusa. «Tra l’altro – prosegue Luni – veniamo da due anni e mezzo in cui, a causa del Covid, le nostre imprese sono state prima chiuse per decreto e poi limitate nella loro attività: si poteva fare solo asporto, servire solo clienti seduti, chiudere alle ore 18 e molto altro ancora, pur avendo sostenuto ingenti investimenti per rendere sicuri i locali».
Il problema dell’accesso al credito
Un altro problema che affligge gli esercenti riguarda l’accesso al credito, diventato sempre più difficile. «È innegabile – dichiara Filippo Segato, segretario Appe – che i pubblici esercizi siano considerate imprese “a rischio” da parte del sistema finanziario: imprese che, anche a seguito dei decreti emanati nei primi mesi di emergenza Covid, si sono indebitate in modo importante. Sono fattori che, sommati, di fatto rendono quasi impossibile accedere a ulteriori prestiti bancari». L’appello che gli esercenti lanciano al Governo è di far presto: «Non c’è più tempo da perdere – sottolinea Toniolo – se vogliamo salvare le imprese italiane: mentre noi stiamo arrancando e, a volte, scegliendo quale fornitore pagare e quale, invece, lasciare indietro, i politici litigano su tutto e i giorni passano».
La differenza tra Italia e Germania
Agli esercenti padovani, in particolare, è subita balzata all’occhio la differenza tra Italia e Germania, nelle misure a tutela di famiglie e imprese dal caro-bollette. «Possiamo dire – conferma Toniolo – che Germania batte Italia 65 a zero: tanti sono i miliardi di euro già deliberati nei giorni scorsi dal Governo tedesco nella terza tranche di aiuti, contro gli zero euro stanziati dal Governo italiano, dopo l’elemosina del credito d’imposta del 15% previsto dal decreto Aiuti». Salvare le imprese, secondo l’Appe, per salvare anche i posti di lavoro: i pubblici esercizi padovani danno occupazione a circa 15.000 lavoratori, senza contare tutto l’indotto creato nell’agroalimentare, nella vendita e manutenzione di arredi e attrezzature, nelle forniture, ma anche nello svolgimento di eventi, attività spettacolistiche e altro ancora. «Noi oggi non vogliamo rappresentare solo i pubblici esercizi – conclude Federica Luni – ma anche i lavoratori dipendenti, che noi preferiamo chiamare colleghi e collaboratori, e le loro famiglie, che soffrono quanto noi la crisi che ci sta soffocando». Il deposito di chiavi e registri contabili è stato fatto dentro un paiolo in rame, scelto per rappresentare le tradizioni gastronomiche padovane (era il paiolo utilizzato dai ristoratori per fare la polenta e lo zabaione usato dalle pasticcerie per la torta pazientina, dolce tipico di Padova).