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«Non saprei» | La bussola spuntata del Pd che invece di guidare la base, la confonde ancora di più – Linkiesta.it

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Un questionario da agenzia pubblicitaria, «indichi quali priorità», con il «lei» – ma a sinistra non ci si dava del tu? – un lunghissimo elenco di domande ai poveri iscritti per capire chi siamo e cosa vogliamo: ecco l’ultimo marchingegno del Nazareno chiamato sportivamente la Bussola – fin troppo facili le ironie sul disorientamento della ciurma dem – uno strumento elaborato con l’aiuto dei compagni tedeschi della Fondazione Ebert della Spd (Science Po non era il caso…) per capire cosa vogliono realmente gli iscritti al partito. 

Un tempo c’erano gli attivi, i gruppi dirigenti che avevano le mitiche antenne per sentire i desiderata del popolo, c’erano le sezioni e le parrocchie, le riunioni e pure le tavolate tra amici e compagni, era lì che si capiva cosa chiedevano gli iscritti, qual era il loro orientamento, i congressi con i documenti e gli emendamenti, oggi c’è il cervellotico questionario i cui risultati verranno elaborati da Ipsos e tramessi al Comitato Costituente, il Comitatone che deve riscrivere il nuovo Manifesto del Pd da sottoporre a un’Assemblea nazionale vecchia ed evidentemente delegittimata essendo stata eletta ai tempi della elezione di Nicola Zingaretti,  quel “Comitatone” che sta litigando su capitalismo e dintorni, dal quale, en passant, si è già dimesso un intellettuale esterno di prestigio come Mauro Magatti. 

Hanno costruito una specie di musiliana Azione parallela nella quale ci si imbroglia nelle astrattezze filosofiche e s’inciampa in questa brutta copia di marketing politico, questa Bussola che rischia di confondere più che indicare la rotta. 

È la seconda fase del labirintico Congresso, la prima era quella della Chiamata nella quale in teoria sarebbero dovute arrivare forze nuove e invece non si è visto nessuno, formalmente finora neppure Articolo Uno e nemmeno Elly Schlein che comunque è già candidata al soglio di Enrico Letta.  Ma tornando al questionario inviato agli iscritti si tratta di oltre venti domande anche a risposta multipla e abbastanza complicato: c’è un po’ di tutto, quale mission, quali valori, come si deve governare, il territorio, l’organizzazione. 

Le questioni sono divise in tre parti. La prima è quella dei «perché»: serve per «indagare sulle ragioni profonde del perché vogliamo il Pd e su quale debba essere la sua missione principale». Priorità, battaglie, orientamento sui governi di larghe intese, ragioni di orgoglio e problemi del partito. Tutto, insomma.

La seconda sezione è quella dei «come», ovvero «con quali strumenti e procedure il partito persegue la sua missione». Si chiedono  gli ingredienti per il successo del Pd, la modalità di elezione del segretario, l’opinione sulla doppia leadership uomo-donna, le correnti, sul finanziamento, sul ruolo stesso del partito, su cosa rende credibile un dirigente o un gruppo dirigente, sui canali di comunicazione interna e all’esterno. 

La terza sezione riguarda la sostanza dei problemi ed entra nel «contenuto specifico dell’offerta politica» del nuovo Pd. Viene chiesto di barrare le priorità generali, dalla lotta alla precarietà al Mezzogiorno, ai diritti civili al salario minimo, fino alla transizione ecologica; quelle territoriali (ad esempio i trasporti o la lotta alla criminalità). Più di venti domande che talvolta si ripetono e inevitabilmente semplificano scelte complesse alle quali è complicato rispondere barrando un quadratino come quando uno sceglie una casa di vacanza chiedendo che abbia il giardino e sia vicina alla spiaggia, con l’aria condizionata e il Wi-Fi.

È sempre difficile infatti scegliere fino a cinque risposte su 11 opzioni su cosa sia più importante tra il ruolo internazionale dell’Italia, difendere gli svantaggiati, difendere le conquiste sociali, quelle civili, l’ecologia, la società aperta agli stranieri, promuovere la crescita eccetera: forse alla fine vincerà l’ultima risposta, «non saprei». Che può andare essendo una linea in continuità con quella attuale.

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